“Perché la cifra 11 nel mondo del Carnevale” (in Germania ed in buona parte della Francia il Carnevale si apre esattamente l’11 novembre alle ore 11)
Numerosissime sono nel mondo le tradizioni carnevalesche. E’ molto difficile se non impossibile ricordarle tutte. Limitandoci all’Europa sono principalmente due: quella mediterranea e quella celtica. La prima riconducibile al culto dionisiaco dell’antica Grecia , un periodo di sfrenata libertà, di eccessi alimentari e sessuali sotto la sovranità complice del dio Dioniso (Bacco per i latini) in opposizione al rigore estetico del dio Apollo. Un culto orgiastico.
Il secondo riconducibile al culto dei morti che in un breve intervallo di tempo, riconducibile al passaggio tra la fine dell’anno vecchio e l’arrivo del nuovo anno, ritornano tra i vivi. L’anno vecchio non è stato ancora sepolto, a quello nuovo non hanno ancora reciso il cordone ombelicale. Un tempo non tempo che nei due culti pur in periodi diversi dell’anno corrisponde a 12 giorni.
Chi non ricorda che il grande William Shakespeare ha scritto “La dodicesima notte”. Nella tradizione mediterranea va da Natale all’Epifania, in quella celtica da Halloween all’11 novembre. Esattamente il tempo che separa il ciclo lunare da quello solare. Nella tradizione mediterranea si dice : “dopo Natale è sempre Carnevale”, in quello celtico il Carnevale inizia l’11 novembre. 11,11,11.
In entrambi i casi il Carnevale inizia dopo dodici giorni la fine dell’anno. Solo che l’anno non finisce ovunque nello stesso periodo. Comunque dalla fine dell’anno iniziano Dodici giorni di intervallo. “Intervallum mundi”, giorni che contano ma non si contano. Giorni di ritorno al Caos primigenio, il sole e luna si riallineano, le persone sono abbandonate a se stesse, il mondo si rovescia , le porte del tempo si aprono lasciando passare i trapassati “Les revenantes”. “Dolcetto o scherzetto” la forma edulcorata e cantilenante con la quale, ormai solo i bambini abbigliati da scheletri bussano alle porte delle case nella notte di Halloween una volta nel mondo anglosassone, oggi in tutto il mondo.
Un canto intimidatorio invece nella tradizione mediterranea accompagnava le bande di giovani che su un carro trainato da buoi e con la faccia bianca di farina per mimare i defunti passavano di casa in casa a richiedere un obolo alimentare la notte di Pasquetta (5-6 gennaio).
Nei due riti curiosamente la stessa rappresentazione: i defunti che non riposano in pace si aggirano, vagolano in cerca del calore dei vivi e profferiscono oscure minacce a chi si rifiuta di pagare pegno. Canti di questua in entrambi i riti. Abbiamo già spiegato come il Carnevale abbia inizio, esattamente quando i fatidici 12 giorni terminano, non resta che spiegare il perché. Se nei 12 giorni passato, presente e futuro si mescolano rinnovando il Caos primigenio occorre rientrare nella Cosmogonia tradizionale prolungando in rito ciò che per le popolazioni primitive era realtà.
Realtà mitica, ma sempre realtà come ha spiegato bene Mircea Eliade nel suo saggio: “Il Mito dell’eterno ritorno” pubblicato da Gallimard nell’ ormai lontano 1949. Se volessi stupire direi che paradossalmente il Carnevale è un richiamo all’ordine. Che utilizza gli stessi mezzi (le maschere) ma deprivati di ogni energia distruttiva.
Chi ha scritto “Semel in anno, licet insanire” aveva capito tutto. “Semel in anno” quindi non sempre, “licet insanire” una strana follia “lecita”. Cari amici Celentano il celebre cantautore italiano sbagliava quando cantava : “Chi non lavora non fa l’amore” perché è vero il contrario cioè: “chi fa l’amore non lavora”.
Sostituite la parola Amore con Carnevale e capirete perché il capitalismo, fondato sul lavoro, “degli altri”, è stato ed è ancora il peggior nemico del Carnevale. Alors, Vive le Carnaval, vive la Resistance. Merci a vous.
Relazione del Prof. Alberto Berardi Presidente F.I.C. presentata al 45° Congresso Nazionale della Federazione dei Carnevali e Festività di Francia Mulhouse dal 10 al 13 novembre 2011.
Fonte: Carnevale Community