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Gli spettacoli teatrali viareggini

Gli spettacoli teatrali viareggini

I testi delle canzoni degli spettacoli teatrali viareggini. Potete ascoltare i brani e leggere i testi qua sotto:

Ci son trenta panchine un po’ stinte
fra le più distinte
che vedi in città.
Quattro chioschi forniti con niente
e poi c’è la gente
che viene e che va.
C’è un ritrovo per vecchie signore,
tre ore per bere
una tazza di tè.
Ci son dodici vele sul mare
c’è un battito in cuore
però lei non c’è.

C’è un locale fra il chiuso e l’aperto
tra il ballo e il concerto
e un po’ Liberty,
che già vide Don Giacomo assorto
gustare il suo Porto
pensando a Mimì.
C’è rimasto un barocco plafone,
ambito blasone
dei noti caffè;
le abatjours, le maniglie d’ottone,
sei palme africane
però lei non c’è.

Passeggiata Margherita
se a incontrarla per prima sei te,
devi dire alla mia fanciullezza
se per gentilezza
ripassa da me…
Devi dire alla mia fanciullezza
se per gentilezza
ripassa da me.

Sotto i tegoli del Quarantotto
formato ridotto
dei grandi Bazar
c’è il mio primo giocattolo rotto,
un treno diretto
per dove, chissà…
Tra le cose di gusto borghese
c’è un busto francese
firmato Berné,
c’è persino un ventaglio cinese,
perfino due rose
però lei non c’è.

Strana amica, lontano è il passato,
il tempo incantato
fu rapido ma
a noi sembra di averlo vissuto
appena un minuto,
un attimo fa.
Ed è questa comune impressione
chiamata illusione
che spiega perché
tengo in serbo un leggero aquilone,
do un calcio a un pallone
però lei non c’è.

Passeggiata Margherita
se a incontrarla per prima sei te,
devi dire alla mia fanciullezza
se per gentilezza
ripassa da me…
Devi dire alla mia fanciullezza
se per gentilezza
ripassa da me.

Passeggiata Margherita
se a incontrarla per prima sei te,
devi dire alla mia fanciullezza
se per gentilezza
ripassa da me…
Devi dire alla mia fanciullezza
se per gentilezza
ripassa da me.
Devi dire alla mia fanciullezza
se per gentilezza
ripassa da me.

https://youtu.be/PWcRzSv87jc

Gusmano, menestrello del Varignano, ho la rima facile e niente mi sfugge, serenate per tutte le occasioni: battesimi, cresime e matrimoni.
Conforto le vedove e se han sempre della ciccia addosso li faccio la funzione dei morti.
Ci siamo tutti? Bene!
Tanto guarda, la minestra è scodellata, il vino l’abbiamo travasato, il formaggio l’abbiamo grattato fino alla “grosta”, col lesso di ieri ci abbiamo fatto la frigassea e i bamboretti s’en già lavati le mani, il lavandino l’abbiamo sturato, alla zi’ Telene n’ha già fatto effetto la purga, la creolina nel comodo ce l’abbiamo buttata, il bottino è sotto il livello di sicurezza e ‘un c’è periolo che stralevi, a biascia’ il pane per metterlo nelle torte di Pasqua cominciamo domani, se nessuno si viene a rompe i coglioni si possiamo mettere anche a tavola.

Verrà o non verrà,
la rima non è facile si sa.
Ci prova la mi’ nonna che ha ottant’anni
col suo Giovanni e ni fa:
vedrai che non verrà,
vedrai che non verrà.

Mangia’ abbiamo mangiato, i bamboretti la parte l’han già fatta, a bagnanti n’abbiamo scritto e i matarassi l’abbiamo rifatti, il latte l’abbiamo messo alla finestra perché ‘un s’accagli, la vecce è a grani’ sotto scava, i caldanini l’abbiamo sbracciati, il lumino a’ marittimi l’abbiamo acceso, la cassetta del pattume è sul sogliero, la zi’ Telene l’abbiamo rimboccata, Carosello l’abbiamo visto, dov’è, dov’è la donna l’abbiamo saputo, il bagno lo faccio un altr’anno, tanto te non ti si può tocca’ perché hai fatto il voto, se nessuno si viene rompe i coglioni si possiamo mettere anche a letto.

Verrà o non verrà,
la rima non è facile si sa.
Ci prova la mi’ nonna che ha ottant’anni
col suo Giovanni e ni fa:
vedrai che non verrà,
vedrai che non verrà.

Il gallo ha cantato a gallina, la sirena dell’estense ‘un ha sonato, i bamboretti ‘un voglino anda’ a scola, il latte si è incagliato, lo sciacquone si è intasato, la zi’ Telene è sempre viva. Piove, tira vento e trona, e io, che sono il padrone di casa, dovrei essere fresco come una rosa, ma siccome mi hai rotto i coglioni tutta la notte, ho più sonno di prima.

Parole, nient’altro che parole,
frasi soltanto che durano poco,
appattumate come viene viene,
non pronunciate bene.
E tu, paziente come sempre,
come non mai, come faccio io,
stai volentieri al gioco, Viareggio.
Amore mio perché lo sai
quanto ti si vol bene,
come eri, come sei, come sarai.
Forse non come prima, non lo so.
Sarai quel che vorrai,
purché tu sia sincera.
Quello che è fatto è fatto,
per me sta bene tutto.
Anche stasera, bada,
non è che io vada alla ricerca vana di qualcosa.
Qualcosa che credevo aver perduto, no.
Questo è solo un saluto,
un cenno con la mano,
un po’ logoro forse,
un po’ stantio,
Che viaggia verso te, ma
un te lontano,
Viareggio amore mio.

C’era una cordicella in via Pinciana
dove ogni viareggina stendeva i panni;
vedevi le braette della Drusiana
le camicette rosa di chi ha vent’anni.
In via Macchiavelli c’è un’osteria
a da’ lo zolfo all’uva c’era un gobbino,
la sera dopo sette gotti di vino
veniva l’Assistenza a portallo via.
In piazza Sant’Andrea c’è una campana
ma prima il campanile era nell’orto,
su sette e sette giorni la settimana
sonava un giorno a festa e quell’altri a morto.
In fondo alla via Regia è un anno e via
di Cecco Biagi c’era la farmacia,
c’han preso più clisteri le tu’ cugine
che tutti l’ammalati alle Barbantine.
In fondo a via Cairoli c’era un giardino
abbandonato, triste, senza calore,
ma sulla tomba bianca del Garibaldino
a maggio e tutti l’anni sbocciava un fiore.
Al Terminetto, dietro la ferovia,
vedevi solo vigne d’uva granata;
ti vede più tegami il cavalcavia
che ciottorini il giorno dell’Annunziata.
Col fiasco con la brocca nonna Veniglia
ripensiti alla polla di via Pinciana
quando il tu damo fresco di sabbatana
ti regalò uno scialle fatto a Siviglia.
E via Zanardelli verso il piazzone
rimbiscari’ per l’occhi d’una ragazza,
ma dopo il primo nasce’ del burbiglione,
ni dissi: “Attento Egisto, leqquì sdirazza”.
‘Un ti perdevi i vespri, le processioni,
parevi pitturata sopra un santino,
hai spento più candele dietro a’ poggioni
che ceri il sagrestano di San Paolino.
Ha visto più rammendi il tuo reggipetto
di quanti en sulle reti d’un vaporetto,
han perso più battaglie le tu’ mutande
che i fogli platanacci di Piazza Grande.
Piazza Pinciana bella, piazza Pinciana,
c’erino certe donne da da’ l’affanno,
ma erin di velle donne che ‘un te la danno.
Prima alla buonasera, finché fa giorno,
ci sono tre parole in fondo al cuore:
la gioventù, Viareggio e il primo amore.
La gioventù è passata, Viareggio muore,
tu resti come un ghiozzo col primo amore…
La gioventù è passata Viareggio muore,
tu resti come un ghiozzo col primo amore.

Quando un soffio di libeccio
Corre lungo il vialone
È Viareggio
Che mi canta una canzone
Quando il mare dà di fori
E t’arriva in passeggiata
È Viareggio
Che mi fa la serenata

E perfino il lavarone
Mi vien voglia di mangia’
E la rena della spiaggia
Come zucchero ingolla’

Quando un gozzo nel canale
Ti ballonzola così
È Viareggio
Che mi dice sempre sì

E perfino il lavarone
Mi vien voglia di mangia’
E la rena della spiaggia
Come zucchero ingolla’

Quando un gozzo nel canale
Ti ballonzola così
È Viareggio
Che mi dice sempre sì

Con Viareggio ‘un ci si fa
perché le’ sa come fa’
a arrivatti dritta al core,
co’ un coriandolo di lì,
un cespuglio messo la’,
ti rigira come vole.

Il mare, il sole, il cielo blu
ti butta lì
dicendo “Li vuoi? Son tuoi,
ma resta qui.”

Con Viareggio ‘un ci si fa
perché sempre ti darà
un sorriso, un’emozione;
il vestito che c’ha le’
mai di moda passerà,
con Viareggio ‘un ci si fa.

Lalalalalala
Lalalalalala

Il mare, il sole, il cielo blu
ti butta lì
dicendo “Li vuoi? Son tuoi,
ma resta qui.”

Con Viareggio ‘un ci si fa
perché sempre ti darà
un sorriso, un’emozione;
il vestito che c’ha le’
mai di moda passerà,
con Viareggio ‘un ci si fa.

Toglieteci ogni festa
Saltamo la minestra
Però non ci tocca’ la canzonetta
Rinunceremo a Gassman
A Sordi, ad Albertazzi
Ma se ci manca le’ diventiam pazzi

È come ci sparisse il mare
È come si spegnesse il sole
O come all’improvviso
Si ripudiasse il Carnevale
Attore oppure spettatore
Nessuna differenza c’è
E anche se sono qui in scena
Lo sai che sono come te

Mi impegno la giacchetta
Un mese sto in bolletta
Però voglio vede’ la canzonetta
In palco od in platea
In piedi o in galleria
Mi sembra come d’esse a casa mia

Un “Delafia” detto in teatro
Per noi val più d’un grande acuto
È come ritrova’
Un vecchio amico che hai perduto
Attore oppure spettatore
Nessuna differenza c’è
E anche se sono qui in scena
Lo sai che sono come te
Lo sai che sono come te
Che sono come te: Grullo!

L’abbiamo nella rena bimba mia
È un detto o meglio una filosofia
Che abbiamo qui a Viareggio per dire come va
Lo senti dì da Beppe, da Cecco, da mi pa’

Lo poi senti se vai a pesca’ l’anguille
Da Tono se ni girino le palle
Lo dinno lì al piazzone, al Principe ‘un lo so
O quando ‘un c’hai palanche e firmi, ‘un pagherò

Oppure in gradinata alla partita
Quando il pallone in rete un vole entra’
Lo dice chi ha lo sfratto e ‘un sa dove anda’ a sta’
Lo dice chi lo “yacht-te” non ce l’ha
La ra la la

L’abbiamo nella rena è il nostro motto
Perché per noi la rena vol dì tutto
Vol dì casa e panciotto, teatro e varietà
Vol dì pane e pancotto, cecina e baccalà

E quando vedi i vecchi lì sul molo
Che credi che si dinno lì tra loro
E quando all’ospedale ti venghino a trova’
O quando la maestra ti vole interoga’

Saremo sciabigotti però è bello
Ave’ solo la rena nel cervello,
È come ave’ Viareggio rinchiusa dentro lì
Ma queste cose te ‘un le poi capì
La ra la la, la ra la la

dal minuto 16:32 al minuto 18:26

Fu messa al bando,
ma strada facendo
in mezzo ai pini di questa città
la professione più antica del mondo
ha ritrovato la sua dignità.
A tutte l’ore
fra i pruni e le more
per poche lire e per tutte l’età
son disponibili quelle signore
per fare un piacere
a chi amore non ha.

Le donnine dei tigli
non son candidi gigli
né bambine che colgono i fior.
Son la finta passione,
la breve emozione
che nasce, t’illude e poi muor.
Senza impegni di cuore
son quelle signore
che vendon l’amore anche se
quell’amore fra i tigli
sembra amore, ma amore non è.

La Gabriella, la napoletana,
la siciliana di Canicattì,
la Nannarella di Porta Pinciana
e un’algerina di nome Mary.
Bocche di rosa, ma è certo Beatrice
la più che piace, perché è di Forlì,
ma non è troppo felice Beatrice
per colpa si dice
dell’austerity.

Le donnine dei tigli
non son candidi gigli
né bambine che colgono i fior.
Son la finta passione,
la breve emozione
che nasce, t’illude e poi muor.
Senza impegni di cuore
son quelle signore
che vendon l’amore anche se
quell’amore fra i tigli
sembra amore, ma amore non è.

“O mamma, o mamma!” gridava Evaristo
“Laggiù nascosto ho intravisto papà.
Non lo contesto, ma proprio in quel posto
così nascosto che cosa ci fa?”
“Cento i misteri del sesso, più cento,
nessuno al mondo scoprirli saprà,
si vede, oh bimbo, che a babbo ogni tanto
un letto soltanto
non gli basterà.”

Le donnine dei tigli
non son candidi gigli
né bambine che colgono i fior.
Son la finta passione,
la breve emozione
che nasce, t’illude e poi muor.
Senza impegni di cuore
son quelle signore
che vendon l’amore anche se
quell’amore fra i tigli
sembra amore, ma amore non è.

Senza impegni di cuore
son quelle signore
che vendon l’amore anche se
quell’amore fra i tigli
sembra amore, ma amore non è.

Fatta di legno asciutto dal ’48 al ’93,
c’era a Viareggio tutto lo stesso aspetto che aveva il West,
c’era un salone matto, gremito e fitto fino alle tre,
micci e cavalli al trotto, le mosche a pietto come nel West,
fornello e carbonella, la pasta frolla, la panzanè,
il sugo dell’anguilla, farina gialla la mesti te,
i crampi alle budella, Marianna bella, devi sape’,
‘un era salmonella, ma caarella come nel West…

Yuppe di vì, yuppe di là,
sai cosa faccio, allungo un braccio
e prendo al laccio un’altra età…
Yuppe di vì, yuppe di là,
monto a cavallo e tiro in ballo la mia città.

Il ceneraccio, il neccio, la menta, il ciuccio per il bebè,
il ricciolo a capriccio, la grosta, il moccio, l’aringa in tre,
il piede sul baroccio, si va allo spaccio di Caccarè,
quel vecchio seccariccio col culo diaccio come nel West.
Del medico Stringari, di velli veri, si dice che
per tutti i su’ piaceri facesse pari con un caffè…
Fistole e raffreddori, malanni vari, ma che cascè!
anche ne’ mali seri solo i clisteri come nel West.

Yuppe di vì, yuppe di là,
sai cosa faccio, allungo un braccio
e prendo al laccio un’altra età…
Yuppe di vì, yuppe di là,
monto a cavallo e tiro in ballo la mia città.

Dopo le febbri gialle prese alla Antille, Meo di Garè
campava sulle spalle di zi’ Mandolle e di zi’ Terè,
avvolto in uno scialle stava in panciolle fori a sede’,
grattandosi la pelle sotto le palle come nel West!
C’era un budello solo, la dava a calo sul canapè
che per un atto impuro chiedeva l’oro come nel West,
Nestore, il barcaiolo che amava il pelo così com’è,
ci rimediò lo scolo, guarì da solo, come nel West.

Yuppe di vì, yuppe di là,
sai cosa faccio, allungo un braccio
e prendo al laccio un’altra età…
Yuppe di vì, yuppe di là,
monto a cavallo e tiro in ballo la mia città.

Tornavino di sera dalla brughiera come nel West
i tori di Beghera, la vacca nera di Patanè,
la diligenza chiara con sonagliere, passata l’è
Viareggio empito s’era di ciotte in tera come nel West.
In capo la bombetta, la vita stretta sotto il gilè,
le scarpe di Vacchetta, la camicetta come nel West,
la Giga, la Gavotta ballata in fretta sopra il “palché”
ed un fottio di potta, magari rotta come nel West.

Yuppe di vì, yuppe di là,
sai cosa faccio, allungo un braccio
e prendo al laccio un’altra età…
Yuppe di vì, yuppe di là,
monto a cavallo e tiro in ballo la mia città.

Ci sei mai stata sui viali in passeggiata
o l’hai mai vista, del Corso, la sfilata
o camminando verso sera lì sul molo,
ti sei mai accorta di che colore è il cielo;
hai mai aspirato il profumo del salmastro,
o hai mai sentito il sapore del cacciucco,
t’è mai successo di fa’ un bagno al vialone
o di fa’ un ballo alla festa del rione.

Tu avessi avuto tutte queste cose qui
io son sicuro ‘un mi diresti mai così…

Come le’ ‘un ce n’è,
puoi gira’, puoi cerca’ finché vuoi,
puoi indaga’, domanda’,
ma con le’ ‘un c’è niente da fa’.
Ha un qualcosa sempre in più
di quello che pensi tu,
se t’han detto che c’è eguale
dì a lullì che ‘un è normale.
Come le’ ‘un ce n’è,
‘un ce n’è, ‘un ce n’è, ‘un ce n’è!
È un qualcosa che non si può spiega’,
è un miracolo che ‘un si ripeterà.
Come le’ ‘un ce n’è
e ‘un ce ne sarà!

Ha un qualcosa sempre in più
di quello che pensi tu,
se t’han detto che c’è eguale
dì a lullì che ‘un è normale.
Come le’ ‘un ce n’è,
‘un ce n’è, ‘un ce n’è, ‘un ce n’è!
È un qualcosa che non si può spiega’,
è un miracolo che ‘un si ripeterà.
Come le’ ‘un ce n’è
e ‘un ce ne sarà!

dal minuto 8:55 al minuto 11:41

Festa del rione per noi
È quell’occasione che mai
Per nessuna cosa vogliamo rinunciare
Tradizione quando viene Carnevale.
Quando passeremo io e te
Quando sfileremo noi due
Quando noi ragazzi farem così
Dalla gioia sento che potrei sveni’,

Io sarò Fred Astaire
Io farò la Monroe
Ballerò alla Gene Kelly
Io sarò Liza Minnelli
Judy Garland, ecchela là
Mickey Rooney io so imitar
Frank Sinatra il gran cantante
Io sarò Jimmy Durante…

Una mascherata così
Certo un gran successo otterrà
È sarà applaudita all’unanimità
Per le vie della città

Al Varignano, alla Migliarina
Al Marco Polo, in Darsena toscana
Ai Quattro Venti, al Piazzone o lì alla “Tore”
Al Rione Mare vincerà…

Festa del rione per noi
È quell’occasione che mai
Per nessuna cosa vogliamo rinuncia’
Questa è felicità!

Dal minuto 42:35

Viareggio vuol dir Carnevale
È il ruolo che il mondo gli dà
Nessuno lo può interpretare
Col gusto di questa città
Il cielo è il suo primo attore
Dal mare la musica avrà
Il cuore gli fa le parole
E il sole le luci gli dà…

E la canzone che canti
Ti seguirà ovunque andrai
È come un eco che senti
Non ti abbandonerà mai

Viareggio è la “star” del sorriso
Ha l’occhio che dà il buonumor
Non usa mai il trucco sul viso
La pelle l’ha in tecnicolor
Viareggio quando è Carnevale
È un film in CinemaScope

E la canzone che canti
Ti seguirà ovunque andrai
È come un eco che senti
Non ti abbandonerà mai

Viareggio è la “star” del sorriso
Ha l’occhio che dà il buonumor
Non usa mai il trucco sul viso
La pelle l’ha in tecnicolor
Viareggio quando è Carnevale
È un film in CinemaScope

dal minuto 28:18 al minuto 30:16

Il Carnevale è quel gran matto,
che se ti piglia lascia il segno dappertutto.
Fa conto sia una malattia,
ma per la vita ‘un ce la fai a mandallo via.
T’entra nel sangue e nelle vene
ma sta’ sicuro che ti fa bene.

È un’iniezione di simpatia,
in questo mondo che ha bisogno d’allegria;
ci poi conta’ a tutte l’ore,
in quei momenti quando sei di malumore.
T’apre le braccia con un sorriso
e non gli importa di come hai il viso.

Il Carnevale, ‘un ni da retta
a chi t’ha detto che è soltanto una macchietta,
si fa col cuore e col cervello
e quel che è brutto Lu’ fa bello,
ma per avello devi veni’ qui.

T’apre le braccia con un sorriso
e non gli importa di come hai il viso.

Il Carnevale, ‘un ni da retta
a chi t’ha detto che è soltanto una macchietta,
si fa col cuore e col cervello
e quel che è brutto Lu’ fa bello,
ma per avello devi veni’ qui.
Ma per avello devi veni’ qui!

Naturalmente, qui a Viareggio.

Dal minuto 6:20 al minuto 8:14

Basta scende’ il Cavalcavia,
senti’ dì “Delafia”
e il resto vien da sé.
Lascia perdere l’etichetta,
ti giri la giacchetta
eppò danni Terè.

L’importante è che tu abbia dentro
quel nostro sentimento
che non si può compra’,
ci si nasce da bamboretti,
ce lo lascino i vecchi
come un’eredità.

Metti in tasca soltanto il cuore
perché solo amore
potrai comprar quaggiù.
Il coriandolo è il nostro fiore,
raccoglilo sul viale
e tiralo anche tu.

L’importante è che tu abbia dentro
quel nostro sentimento
che non si può compra’,
ci si nasce da bamboretti,
ce lo lascino i vecchi
come un’eredità.

Un coriandolo, un pizzi’otto,
una sbornia vicino al fosso,
un ballo con quella là:
è il nostro Carneval!

Basta scende’ il Cavalcavia,
senti’ dì “Delafia”
e il resto vien da sé.
Lascia perdere l’etichetta,
ti giri la giacchetta
eppò danni Terè.

L’importante è che tu abbia dentro
quel nostro sentimento
che non si può compra’,
ci si nasce da bamboretti,
ce lo lascino i vecchi
come un’eredità.

Un coriandolo, un pizzi’otto,
una sbornia vicino al fosso,
un ballo con quella là:
è il nostro Car-ne-val!

Dal minuto 23:55 al minuto 26:00

Senza avvisa’ nessuno
Un giorno ci hai lasciato
Ma piglieresti un granchio
A dì che t’ho scordato
Amico mio, Picciù
Viareggio ti vuol bene
E parla ancor di te
Lo sento nei caffè!

Non ho più visto un aquilone volare
Sul mare
Lo sai che ‘unni fan più
Da quando ‘un ci sei tu…

Con quanta nostalgia ti pensa la mia zia
E te ‘un ci crederesti
Ma i bamboretti stessi
Sanno di te, Picciù!
Ormai sei nella storia
Di questa tua città
L’ha detto anche mi’ pa’

T’immaginiamo come un bianco aquilone
Nel cielo
Perché se il cielo c’è
Ci va la gente come te…

Senza avvisa’ nessuno
Un giorno ci hai lasciato
Ma piglieresti un granchio
A dì che t’ho scordato
Mi manchi sai, Picciù
Perché hai portato via con te
Quella Viareggio che garbava a me!

Senza avvisa’ nessuno
Un giorno ci hai lasciato
Ma piglieresti un granchio
A dì che t’ho scordato
Amico mio, Picciù
Viareggio ti vuol bene
E parla ancor di te
Lo sento nei caffè!

T’immaginiamo come un bianco aquilone
Nel cielo
Perché se il cielo c’è
Ci va la gente come te…

Senza avvisa’ nessuno
Un giorno ci hai lasciato
Ma piglieresti un granchio
A dì che t’ho scordato
mi manchi sai, Picciù
Perché hai portato via con te
Quella Viareggio che garbava a me!

Picciù, Picciù
A me, Picciù…

Solo tu viareggino puoi cambia’
Il destino di questa tu’ città
Non capisci che solamente tu
Puoi ridargli quel che ora non ha più

Lascia sta’ ogni lite, ogni ambizione
Metti il cuore e il cervello in ogni azione
È così che le’ ritornerà
Quella Perla com’era tempo fa

Sì, lo so, il blasone ora è un po’ giù
Ma a rialzarlo non puoi che essere tu
Se t’impegni vedrai che ce la fai
Altrimenti che salmastroso sei

Solo tu viareggino, se lo vuoi
Diverrà miliardaria questa tua città

Sì, lo so, il blasone ora è un po’ giù
Ma a rialzarlo non puoi che essere tu
Se t’impegni vedrai che ce la fai
Altrimenti che salmastroso sei

Solo tu viareggino, se lo vuoi
Diverrà miliardaria questa tua città
Solo tu viareggino, se lo vuoi
Diverrà miliardaria questa tua città

Dal minuto 9:28 al minuto 12:27

La befana liscia liscia con le scarpe a trainanà
Che ogni giorno fa la piscia, era lì un momento fa
Prim’ i banchi della scuola e primo addio alla libertà
Il balilla messo in fila era lì un momento fa

Primo amore, prima cotta e primo bacio da ruba’
Che fu dato alla soppiatta, era lì un momento fa
Il cavallo arabescato di una giostra senza età
Quello vero, da soldato, era lì un momento fa

Un crepuscolo agli dei, la tradotta se ne va
E la canzone “Tornerai” era di un momento fa
Yes, vai sano ma è finita, non ancora, andiamo là
Quella sabbia fra le dita era di un momento fa

Quel che ho avuto, quel che ho dato e quel che ‘un ho saputo da’
Il passato che ho cantato era lì un momento fa
Da così sei quasi donna, guarda il tempo cosa fa
Oh nipote la tu’ nonna era lì un momento fa
Oh nipote la tu’ nonna era lì un momento fa

Dal minuto 5:44

Viareggio e Carnevale
È l’alimentazione
Se vuoi vede’ tuo figlio
Forte come un leone
Pineta di Ponente
Pineta di Levante
E dopo quattro mesi
Vedrai sarà un gigante

Un soffio di Libeccio
Du’ passi in cima al molo
È come tu li dessi
Tre chili di tritolo
E dinni in un orecchio
Che se c’ha donne bone
‘Un stia a fa’ de’ discorsi
Le porti al vialone

Questa medicina
Grande lo farà
Gliel’ha data il cielo
In esclusività

Viareggio e Carnevale
Per farlo sano e bello
Un fusto di ragazzo
Però tutto cervello
Col fosforo di triglia
‘Un ti meraviglia’
Se diverrà docente
All’Università
Viareggio e Carnevale
A Lu’ ni devi da’
E quando sarà grande ti ringrazierà
E quando sarà grande ti ringrazierà!

Dal minuto 35:10 al minuto 36:48

Non c’è cosa più gustosa sulla Terra
che ave’ in bocca te, mia cara Anguilla Cea;
il buon Dio quel giorno volle genera’
certo il meglio della culinarietà…
Di Viareggio sei la celebrità.

Anguilla Cea sei la mia dea,
sei la più sexy di tutti i pesci,
quando passeggi lungo il canale
con quel tuo corpo dolce e sottile.
Dell’eleganza tu sei regina,
sei più eccitante di Marylin.
Perciò ogni notte io sono qui
a piglia’ il fresco per un tuo sì.

Anguilla Cea mi fai impazzi’!

Dell’eleganza tu sei regina,
sei più eccitante di Marylin.
Perciò ogni notte io sono qui
a piglia’ il fresco per un tuo sì.

Anguilla Cea mi fai impazzi’!
Anguilla Cea mi fai impazzi’!

Dal minuto 11:29 al minuto 14:52

Per campa’
m’accontento di tre nicchi,
una briscola, un tressette
e du’ necci per dessert.
Posso sta’
senza beve un doppio whisky
e il caviale ed il patè
io te li regalo a te.

Ma ‘un mi leva’ quattro passi sul molo
con il Maccioni che parla da solo;
come vivrei senza vede’ la Zoria,
son certo che io morirei di nostalgia.
E ‘un mi sgrida’ se non sto per benino,
voglio grida’ quando passa Moschino;
lascimi sta’ quando lo sai mi piglia il male
e anco d’Agosto io voglio fa’ Carnevale.

E qui a Viareggio siam tutti così,
forse dipende dall’aria di qui:
guai se mi tocchi il mio bel sabbiodotto
che mai funziona perché è nato rotto.
E la Salov profuma per me
anco di più del migliore Chanel.
Ora hai capito, ora sai perché
abbiamo perso la testa per le’!

E la Salov profuma per me
anco di più del migliore Chanel.

Ora hai capito, ora sai perché
abbiamo perso la testa per le’!
Abbiamo perso la testa per le’!

Dal minuto 38:26 al minuto 42:35

Extraviareggino
Tu diventerai
Superviareggino
Insieme a noi
Anco se tu sei
Un po’ collegiale
Io ti sveglierò
Col Carnevale

Innamorato di Viareggio
Come un cretino
Dovrai gridare a tutto il mondo
Son superviareggino…Ino!

Extraviareggino
Io lo sento già
Che il salmastro in te
Sta per entra’

Extraviareggino
Tu diventerai
Superviareggino
Insieme a noi
Anche se tu sei
Un po’ collegiale
Io ti sveglierò
Col Carnevale

Innamorato di Viareggio
Come un cretino
Dovrai gridare a tutto il mondo
Son superviareggino…Ino!

Extraviareggino
Io lo sento già
Che il salmastro in te
Sta per entra’
Sta per entra’!

Dal minuto 2:18 al minuto 4:35

Notte d’anguille cee
Gente che viene e va
Freddo dentro le vene
Ma grande felicità

Sembra la passeggiata
Il molo visto così
Luci d’acetilene
Il fosso fanno più “chic”

La luna si specchia in mare
Al passo delle lampare
E un canto di Carnevale
Si stende per la città…

Cielo resta sereno
Stelle state a guardare
Non vi perdete il massimo
Che un occhio può mirar

La luna si specchia in mare
Al passo delle lampare
E un canto di Carnevale
Si stende per la città…

Cielo resta sereno
Stelle state a guardare
Non vi perdete il massimo
Che un occhio può mirar

Dal minuto 22:37 al minuto 27:00

Viareggio è fatta per gli innamorati
perché dal cielo è caduta qui.
È come una cometa, tutta baci,
ma non si spengerà neanco a mori’.
Vedella è come dì “Ti voglio bene”
e per la vita non ti lascio più.
Tentare il cuore, ti prende le vene
perché all’amore le’ ni dà del tu.

È tanto dolce in ogni sua espressione
e l’allegria è nata insieme a le’.
Ogni panchina canta una canzone,
ogni cespuglio è una garçonniere.

Viareggio è fatta per volessi bene,
nelle sue labbra c’è soltanto il sì,
perciò quando un amore è nato qui
dura tutta la vita, ‘un po’ fini’.

Ogni panchina canta una canzone,
ogni cespuglio è una garçonniere.

Viareggio è fatta per volessi bene,
nelle sue labbra c’è soltanto il sì,
perciò quando un amore è nato qui
dura tutta la vita, ‘un po’ fini’.

Dal minuto 32:54

Carnevalissimo l’Ottantasei
Perché Viareggio è il tempio degli Dei
Sta’ pur sicuro che qui non ci piove
Perché lo sponsor a noi ce lo fa Giove
Sarà bellissimo l’Ottantasei
Tutta Viareggio in testa è un’hit-parade
Un grande show vedrà ora Burlamacco
Se te lo perdi te sei proprio matto

Un sole ardente ci riscalderà
Un cielo azzurro ci accompagnerà
Ogni balcone ti farà un sorriso
In ogni maschera verrà il tuo viso

Carnevalissimo l’Ottantasei
La lotteria dà un premio a tutti voi
Ma il più bello sai quale sarà?
È di vedere questa mia città

Un sole ardente ci riscalderà
Un cielo azzurro ci accompagnerà
Ogni balcone ti farà un sorriso
In ogni maschera verrà il tuo viso

Carnevalissimo l’Ottantasei
La lotteria dà un premio a tutti voi
Ma il più bello sai quale sarà?
È di vedere questa mia città
È di vedere questa mia città!

Dal minuto 23:46 al minuto 25:59

Quando uno è innamorato
Come lo sono io
È sempre un po’ geloso
Dell’amore suo
Diventa anche cattivo
Ed io faccio anche peggio
Perché sono stracotto
Di tutto quello che c’è
Qui a Viareggio…

Per un camuciolo nel Vialone
Faccio a cazzotti fino a Motrone
Davanti a un platano di Piazza Grande
Io mi commuovo in su l’istante
Una pinella della Lecciona
La tengo cara più di un diploma
E nelle foglie de’ giardinetti
Io ci ripongo tutti i mi’ affetti
Perché Viareggio racchiude in sé
Tutte le cose che voglio ave’

Co’ un piscialletto del Terminetto
Io ci rinnovo il doppio petto
E quando scendo il cavalcavia
È come vince’ la lotteria
Se vado a piedi al Varignano
È come fossi in aeroplano
Se pesco un granchio di dentro il fosso
Dall’emozione mi caco sotto
Perché Viareggio vale per me
Tutte le cose che voglio ave’

‘Un mi di’ male del Carnevale
Son permaloso, ci resto male
‘Un butta’ carta in passeggiata
Sennò s’ammazza la mi’ cognata
Se non vuoi fare brutte figure
Ama la Piazza delle Paure
Ricorda sempre, se vai sul molo
Che in tutto il mondo ce n’è uno solo
Perché Viareggio resta per me
Il non plus ultra che poi vede’
Se comandassi questa città
Io, per vedella, farei paga’!
La ra la la la

Perché Viareggino racchiude in sé
Tutte le cose che voglio ave’
Se comandassi questa città
Io, per vedella, farei paga’!
“Ma tanto eh!”

Dal minuto 2:05 al minuto 5:20

Cielo… Mare… Stelle… Luna
Si dan l’appuntamento solo qui
Nessuna notte puoi vede’ così!
Amore mio, no, non è un miraggio
Son cose che può ave’ solo Viareggio…

Vieni… Guarda… Senti… Sogna
Ti porterà con sé una melodia
Nel dolce mondo della fantasia
Ma se ti svegli nulla cambierà
Perché tu stai sognando la realtà

È un quadro quello che hai davanti a te
Avanti, vieni e posaci con me

Amore mio, no, non è un miraggio
Son cose che può ave’ solo Viareggio…

È un quadro quello che hai davanti a te
Avanti, vieni e posaci con me

Dal minuto 18:15 al minuto 20:10

Viareggio è un Grand Hotel
Aperto tutto l’anno
T’aspetta a Carnevale
O quando vuoi fa il bagno
Perché la sua stagione
Mai fine non avrà
Soltanto lei, lo sai
Può dar felicità

La sua piscina è il mare
Pineta per giardino
La sabbia è la moquette
E il “Life” lo fa il bagnino
La sua grande terrazza
Si chiama Passeggiata
È questa la città
Che a te viene donata

Viareggio è un Grand Hotel
Viareggio è un Grand Hotel
Che aspetta solo te

La sua piscina è il mare
Pineta per giardino
La sabbia è la moquette
E il “Life” lo fa il bagnino
La sua grande terrazza
Si chiama Passeggiata
È questa la città
Che a te viene donata

Viareggio è un Grand Hotel
Viareggio è un Grand Hotel
Che aspetta solo te
Che aspetta solo te!

Dall’inizio fino al minuto 2:05

Guarda un po’
che sorpresa vederti qui,
scontrosa tu,
non mi vuoi guardare mai!
Tu sei l’amore per me.
Ma se aspetti, sai,
non mi troverai mai più.

Il gioco d’amore, si sa, dura poco.
La gioia ci dà, ma passa e vola via.
Se una nuvola c’è
non sarà
grigio il cielo.
Azzurri son già i nuovi amor!

Ma perché
vuoi rubarmi anche l’anima,
perché dovrei
regalarti un po’ di me?
Sai fingere, se lo vuoi,
ma chi sbaglia, sai,
non mi troverà mai più!

No, non è un giocattolo il mio cuor!
Che tu puoi stregare quando vuoi
e con ali di farfalla
io volerò, e vestirò di colori la mia libertà!

Il gioco d’amore, si sa, dura poco.
La gioia ci dà, ma passa e vola via.
Se una nuvola c’è
non sarà
grigio il cielo.
Azzurri son già i nuovi amor!

Darsenasció, Darsenasció,
ma che vol di’, non me lo chiede’ che ‘un no so.
Ma che sarà? Che voglin fa’?
Io so soltanto che son matti, matti da lega’.

En solo du’ scenette, un po’ raffazzonate,
per divertissi e per bischereggia’.
Il molo, la pineta, la Fossa dell’Abate
i posti che ci garba racconta’.

E quando s’incomincia a di’ male de’ lucchesi
possiamo continua’ anco per du’ mesi.
E se voi fa’ l’attore, con noi poi già veni’,
che un Delafia per bene basta di’.

Darsenasció, Darsenasció,
ma che vol di’, non me lo chiede’ che ‘un no so.
Ma che sarà? Che voglin fa’?
Io so soltanto che son matti, matti da lega’.

Eccolo lì un attore, accanto c’è i’ regista
mi sembra il mi’ cugino quello là,
perché è lì ‘n platea che c’è il protagonista
che ride, lì davanti c’è tu pa’.

Sarà la luce in faccia o tutta questa gente,
ma son di fori e non capisco niente.
Ti posso di’, soltanto, che nel mi’ cuore sento
che per la vita io Viareggio avrò. (Ah ah)
Ti posso di’, soltanto, che nel mi’ cuore sento…

Che dentro, per sempre, Viareggio avrò.
Darsenasció, Darsenasció, Darsenasció…Dar-se-na-sció!

https://youtu.be/GiERHOWp0aU

Levo la mattina e la sera
il pattume che a chili
il bagnante mi lascia qua e là;
anche un po’ di lavarone
che mi garba un fottio,
ma il bagnante non vuole guardar.

Sudo quando chiudo l’ombrello
e da solo rastrello,
questa spiaggia sognare mi fa;
godo quando viene la sera,
con il tramonto del sole
su questa città.

Levo la mattina e la sera
il pattume che a chili
il bagnante mi lascia qua e là;
anche un po’ di lavarone
che mi garba un fottio,
ma il bagnante non vuole guardar.

Sudo quando chiudo l’ombrello
e da solo rastrello,
questa spiaggia sognare mi fa;
godo quando viene la sera,
con il tramonto del sole
su questa città.

La nostra Lucca non la devi tocca’.
La nostra Lucca non la devi tocca’.
È la città più bella e più pulita
e non la trovi in tutto il mondo, lo sai,
una città più linda e profumata.
È così bella che ti leva il fiato, sai,
è proprio bella che te ne accorgerai,
proprio così,
proprio così,
venghino da tutto il mondo qui per visitarla.

Ma rifatevi il monte
e tornate pure di là.
Ma rifatevi il monte,
tornate là!
Ma rifatevi il monte,
vorei sape’ che ci fate qua,
che ci fate a Viareggio
vorei sape’.
E tornate di là,
ma qui che ci venite a fa’,
che ci fate a Viareggio (Voi)
…Non…Lo…So.

La nostra Lucca non la devi tocca’.
La nostra Lucca non la devi tocca’.
È la città più bella e più pulita
e non la trovi in tutto il mondo, lo sai,
una città più linda e profumata.
È così bella che ti leva il fiato, sai,
è proprio bella che te ne accorgerai,
proprio così,
proprio così,
venghino da tutto il mondo qui per visitarla.

Ma rifatevi il monte
e tornate pure di là.
Ma rifatevi il monte,
tornate là!
Ma rifatevi il monte,
vorei sape’ che ci fate qua,
che ci fate a Viareggio
vorei sape’.
E tornate di là,
ma qui che ci venite a fa’,
che ci fate a Viareggio (Voi)
…Non…Lo…So.

Ti concino la casa
Come un cassonetto e poi
Sei costretto a dargli udienza
Prima di andare a dormi’
Il rubinetto è rotto
E la lampadina ‘un va
‘Un li trovi mai contenti
Sempre lì a bugnare
E anche se son ricconi
“Uscite da’ coglioni!”
Ti vien fatto di di’
Fila via lontano da qui
Ne ho abbastanza
Delle tu’ gheghe
M’hai fatto ‘ngrulli’

Bagnanti come la rena
Oddio che pena, che incubo
No non ne posso già più
Bagnanti come la rena
Se te riaffitti ti giuro che
Scapperò insieme a Picciù
Ma basta, si cambia storia
E da quest’anno prometto che
Non si riaffitterà più
Piuttosto a letto senza cena
E niente TV
Mi basta di non vedelli più

Bagnanti come la rena
Oddio che pena, che incubo
No non ne posso già più
Bagnanti come la rena
Se te riaffitti ti giuro che
Scapperò insieme a Picciù
Ma basta, si cambia storia
E da quest’anno ti giuro che
Non si riaffitterà più
Piuttosto a letto senza cena
E niente TV
Mi basta di non vedelli più

Ti venghino a discore
Anco di traffico e di smog
E ni devi dare udienza
Ma li sfideresti a boxe
Bongiomo la mattina
Bonanotte, prego, ibbò
E po’ devi fa’l carino
E li voresti sfotte’
E anche se son ricconi
“Uscite da’ coglioni!”
Ti vien fatto di di’
Fila via lontano da qui
Ne ho abbastanza
Delle tu’ gheghe
M’hai fatto ‘ngrulli’

Bagnanti come la rena
Oddio che pena, che incubo
No non ne posso già più
Bagnanti come la rena
Se te riaffitti ti giuro che
Scapperò insieme a Picciù
Ma basta, si cambia storia
E da quest’anno ti giuro che
Non si riaffitterà più
Piuttosto a letto senza cena
E niente TV
Mi basta di non vedelli più

Bagnanti come la rena
Oddio che pena, che incubo
No non ne posso già più
Bagnanti come la rena
Se te riaffitti ti giuro che
Scapperò insieme a Picciù
Ma basta, si cambia storia
E da quest’anno ti giuro che
Non si riaffitterà più
Piuttosto a letto senza cena
E niente TV
Mi basta di non vedelli più

Dall’inizio fino al minuto 1:40

Caro Terenzio, la vita è un tormento di qua e di là
Guarda popo’ di problemi per starsene all’aldilà
Volevo un bel posticino pe’ fammi veni’ a trova’
Ma delafia, solo quando è il momento bono!

Bella mi’ Rò, che son vecchio lo so
Ma io lì ‘un ci vò
Possin veni’ anco in cinquanta
Ma lì proprio no

A me mi sembra un po’ presto
Guarda che prillo che sono
Digli a luqqui che in quel posto ci pole anda’ lu’
A me mi sembra un po’ presto
Guarda che prillo che sono
Digli a luqqui che in quel posto ci pole anda’ lu’

Caro Terenzio, che razza di scotto alla nostra età!
T’offrino il posto anco co’ l’ascensore ma ‘un poi aspetta’
Neanco ti danno un momento, ti voglin già dentro là
Che sanguisughe, ti succhin le vene a forza

Bella mi’ Rò, io di dubbi ‘un ne ho
No io non firmerò
Che pe’ mori’ è vero
Mi ero già iscritto sì

Ma di vola’ al cimitero
Mica dicevo davvero
Digli a luqqui che in quel posto ci pole anda’ lu’
Ma di vola’ al cimitero
Mica dicevo davvero
Digli a luqqui che in quel posto ci pole anda’ lu’

Noi siamo i Baroni
Abbiamo un tocco di nobiltà
Siamo atipici
Ma simpatici
Noi siamo i Baroni
Viviamo tutta un’altra realtà
Siamo unici
E fantastici

Contiamo i milioni
Facciamo grandi acquisti
E per noi
Os-tri-che per cena
Caviale a go-go
Noi siamo la crema
Godiamo di rispetto e lealtà
Cultura, e-leganza e notorietà

Noi siamo i Baroni
Giriamo per di qua e per di là
Ma se siamo qui
Un motivo c’è
Noi siamo i Baroni
E abbiamo più palanche del Re
Potevamo anda’
Anche a Saint-Tropez

Ma siamo venuti
Per stare in vacanza a Viareggio
S’andav’anche in Sardegna
Però siamo qui
Macché Portofino
Vogliamo stare a Viareggio
Ci siamo innamorati
Di questa città

Macché Portofino
Vogliamo stare a Viareggio
Ci siamo innamorati
Di questa città

Pensa un po’ a Viareggio
Luogo incantato
Con la Passeggiata
Con il Mercato…
C’è chi la racconta
E chi la disegna
Chi la rappresenta
E chi la sogna
Scivola il sipario
Vola una nota in Do
Escono gli attori
Parte lo show

Senti, senti canticchiare qua e là:
“Questa è Viareggio, dolce canzone”
E non resisti più all’emozione
Senti, senti c’è il Maestro che fa:
“Vi presentiamo il nostro Darsenasció!”

Metti un motivetto
Che fa sognare
E una bella storia
Da raccontare
Prendi le battute
Le più sincere
Quelle più acclamate
Quelle più vere
Scivola il sipario
Vola una nota in Do
Escono gli attori
Parte lo show

Senti, senti canticchiare qua e là:
“Questa è Viareggio, dolce canzone”
E non resisti più all’emozione
Senti, senti c’è il Maestro che fa:
“Eccoci qua, la sala è già piena
Pronti al mio via si va tutti in scena”

Senti, senti il Maestro che fa:
“Ha inizio adesso il nostro Darsena…
Ha inizio adesso il nostro Darsena…
Ha inizio adesso il nostro Darsenasció!”

Guarda che vecchietta,
lei corre e fa
anche da mangia’.
Gira in bicicletta
da sola
tutta la città,
pare una bimbetta;
chi la fermerà,
chi la fermerà.

Poi una lettera arriverà!

Beppa, signora Beppa
da questo istante
Lei contessa sarà!
Beppa, Beppa Biancanicchia
ora è nella lista
della nobiltà.
Pronta ad affitta’
proprio queste mura.
Qui di palanche non ce n’è,
‘un ci resta che aspetta’
che i baroni venghino qua.

Guarda la nonnetta,
lei viene e va
nonostante l’età.
Guarda poveretta
che cosa,
che cosa farà.
Sfoggia l’etichetta
ma non sa la realtà,
ma non sa la realtà.

Poi una lettera arriverà!

Beppa, signora Beppa
da questo istante
Lei contessa sarà!
Beppa, Beppa Biancanicchia
ora è nella lista…

Guarda che vecchietta,
lei corre e fa…

Poi una lettera arriverà

Guarda la nonnetta,
lei viene e va….

Poi una lettera arriverà !

Dal minuto 1:40 al minuto 3:08

C’ho la soluzione
Guarda che organizzazione
Sono un genio, eccomi qua!
Ni facciamo crede’
Che contessa è sempre stata
E di alta nobiltà…
E di alta nobiltà

Quale soluzione
Sei la mia disperazione
Ora dimmi cosa c’è
Che cos’hai inventato
Cosa avresti escogitato
Qui di nobili ‘un ce n’è
Qui di nobili ‘un ce n’è

Prendi carta e penna
Che c’abbiamo da inventa’
Di come far rimbischerire
La befana di tu ma’
Bastin du’ parole
Messe a modo
Messe bene
E vedrai ci cascherà
E vedrai ci cascherà

O Marì che idea che è questa vì
Vammi a chiama’ tu ma’ di là
O Marì ‘un ci sta a sede lì
Che Biancanicchia diverrà
E chissà come la prenderà
Secondo me vedrai ci cascherà
E allora scrivi e via
Scrivi, delafia!
Non pensarci su
Non pensarci più

Sono eccezionale
Sono da telegiornale
Sono un genio, eccomi qua!
Basta che ‘un s’accorga
Che la lettera è fasulla
Sennò tutto salterà
Sennò tutto salterà

Prendi carta e penna
Che c’abbiamo da inventa’
Di come far rimbischerire
La befana di tu ma’
Bastin du’ parole
Messe a modo
Messe bene
E vedrai ci cascherà
E vedrai ci cascherà

O Marì che idea che è questa vì
Vammi a chiama’ tu ma’ di là
O Marì ‘un ci sta a sede lì
Che Biancanicchia diverrà
E chissà come la prenderà
Secondo me vedrai ci cascherà
E allora scrivi e via
Scrivi, delafia!
Non pensarci su
Non pensarci più

O Marì che idea che è questa vì
Vammi a chiama’ tu ma’ di là
O Marì ‘un ci sta a sede lì
Che Biancanicchia diverrà
E chissà come la prenderà
Secondo me vedrai ci cascherà
E allora scrivi e via
Scrivi, delafia!
Non pensarci su
Non pensarci più

Mi riempio le giornate come posso
ma a volte mi tirerei in un fosso.
La bella mi’ Viareggio ormai è cambiata
e ‘un mi ci trovo più…

Mi prende il ghiozzo e un po’ di tremarella
se penso spesso a quella passerella
e ‘un c’è rimedio o pillola che tenga…
A me mi fa aonca’!!!

Persino a fa’ lo struscio in Passeggiata
ti devi prepara’ a ‘na sgomitata,
tra bici che ti treppino e ambulanti…
‘Un se ne pole più!!!

Mi prende il ghiozzo e un po’ di tremarella
se penso spesso a quella passerella
e ‘un c’è rimedio o pillola che tenga…
A me mi fa aonca’!
A me mi fa aonca’!!!

Non c’ho ‘na lira in tasca, come faccio a comincia’?
Son tanti l’aiutanti che poi devi paga’.
Son pieno di cambiali come tutti i carnevali,
mi poi trova’ alla banca, mentre firmo un pagherò.
La voglia è troppo forte, cominciamo e si vedrà
e l’atmosfera è giusta, forza Beppe Hip Hip Hurrà.
Facciamo una gran festa, urla forti e battimani,
vedrai quest’anno Beppe vincerà!!!
Con un piccolo ritocco dato qua e là,
manca solo il soffio dell’artista ed ecco qua.

E al colpo del cannone già mi vince l’emozione,
che bel carro ha fatto Beppe, chissà dove arriverà.
Sei proprio un grande artista, questa è un’opera mai vista,
di sicuro il primo premio tocca a te…

Comincio di settembre come un miccio a lavora’,
imposto i movimenti, ora c’è da modella’.
Lo vedo nella testa, me lo sento nelle mani,
un colpo di pennello e poi si va.
Con un piccolo ritocco dato qua e là,
manca solo il soffio dell’artista ed ecco qua.

E al colpo del cannone già mi vince l’emozione,
che bel carro ha fatto Beppe, chissà dove arriverà.
Sei proprio un grande artista, questa è un’opera mai vista,
di sicuro il primo premio tocca a te…

E invece anche quest’anno, come al solito mi danno
solo il sesto…Beppe ‘un te la prende’!!!

Dimmi come mai mi sembrin belli
ma non vinco mai…
O Tofanelli, dimmi come mai mi sembrin belli
ma non vinco mai, mi voglio ritira’.

Il sole in cielo splende di più
e il mare luccica di stelle.
Se non ci credi vieni quaggiù,
dove il mare le montagne tinge di blu.

Sento che in tutto il mondo, no, non c’è
un posto che è più bello di Viareggio.
Ho visto Londra, Parigi, Monaco e New York
ma non c’è niente meglio di Viareggio.

La Viareggio delle meraviglie,
che sogno.
La Viareggio delle meraviglie.
Giro per di qua,
giro per di là,
dalla Darsena al Mercato
e fino lì sul mar.
Guardo il molo e qui
diamo inizio alla poesia,
ma di posti come questo non ce n’è.

Il sole in cielo splende di più
e il mare luccica di stelle.
Se non ci credi vieni quaggiù,
dove il mare le montagne tinge di blu.

Dal minuto 3:08

Yex,
dire con un nox,
fare con un six,
basta non si svegli che
lei non ci sta
e la casa venderà
a una sola condizione
che nessuno accetterà.
E poi,
ma che storia è,
co’ nepoti che
vogliono convincermi
su, Nonna dai,
se la casa vendi te
apriremo un ristorante
con l’orchestra e il sommelier.

Basta che ‘un la compri uno di Lucca
che sennò ci resto secca.
Io l’ho aschifi da mori’.
E anche se lo so d’un esse’ ricca,
basta che ‘un siino di Lucca
che ‘un li posso sopporta’.

Dai,
vieni, firma qua
senza troppi ma,
l’occasione è splendida.
Io dico no
ché a Viareggio non si può,
a chi viene giù dal monte
la mi’ casa ‘un ne la do!

Basta che ‘un la compri uno di Lucca
che sennò ci resto secca.
Io l’ho aschifi da mori’.
E anche se lo so d’un esse’ ricca,
basta che ‘un siino di Lucca
che ‘un li posso sopporta’.

La mi’ casa tanto ‘un ne la do.
La su’ casa tanto ‘un ne la dà.
La mi’ casa tanto ‘un ne la do.
La su’ casa tanto ‘un ne la dà.
BASTA CHE ‘UN SIINO DI LUCCA!!!

Lucca non ci provare,
la Bretellina ‘un si po’ fa’.
Lucca non t’azzardare,
quell’ecomostro è da sposta’.
A Carnevale devi pagare
se vuoi vedere il Carneval,
sennò in Via Fillungo
c’hai da resta’.

Ma pensa te,
come se questo non bastasse,
fra trattenute, multe e tasse
a Lucca voglino fa’ l’Asse.
Ma butta giù
quest’Asse di Penetrazione, perché
al di là del monte c’avrai le palanche
ma questo salmastro te ‘un ce l’hai.
Qui c’è tanta rena, c’è tanta ignoranza,
ma col viareggino ‘un ce la fai.

Ma pensa te,
come se questo non bastasse,
fra trattenute, multe e tasse
a Lucca voglino fa’ l’Asse.
Ma butta giù
quest’Asse di Penetrazione, perché
al di là del monte c’avrai le palanche
ma questo salmastro te ‘un ce l’hai.
Qui c’è tanta rena, c’è tanta ignoranza,
ma col viareggino…Ma col viareggino…
Ma col viareggino ‘un ce la fai.

Qui c’è tanta rena, c’è tanta ignoranza,
ma col viareggino ‘un ce la fai.
Qui c’è tanta rena, c’è tanta ignoranza,
ma col viareggino ‘un ce la fai!

Il cielo è triste, si è oscurato
Il cielo è triste, si è oscurato
Oddio Burlamacco se n’è andato
Oddio Burlamacco se n’è andato
C’erano coriandoli e fantasia
C’erano coriandoli e fantasia
Delafia ‘un mi di’ che l’han portato via

I lucchesi son gelosi
Per il nostro Carnevale
Odio e invidia
Ma poi gli va sempre male
Burlamacco è il nostro re
E noi siamo i moschettieri
Lucca e Cento
Non ci avranno prigionieri

Il cielo è triste, si è oscurato
Il cielo è triste, si è oscurato
Oddio Burlamacco se n’è andato
Oddio Burlamacco se n’è andato
C’erano coriandoli e fantasia
C’erano coriandoli e fantasia
Delafia ‘un mi di’ che l’han portato via

Lungo il molo ci abbracciamo
E il salmastro respiriamo
Perché Viareggio
Tu sai farti amare
Dentro i tuoi tramonti mi perdo
E non riesco a trattenermi
Oggi però
C’è un fatto eccezionale

Il cielo è triste, si è oscurato
Il cielo è triste, si è oscurato
Oddio Burlamacco se n’è andato
Oddio Burlamacco se n’è andato
C’erano coriandoli e fantasia
C’erano coriandoli e fantasia
Delafia ‘un mi di’ che l’han portato via

Carri e maschere festose
Sono vera libertà
Che solo Viareggio
Ti regalerà
Ma i lucchesi l’han sciupata
E si son portati via
Quella statua
E la sua fantasia

Il cielo è triste, si è oscurato
Il cielo è triste, si è oscurato
Oddio Burlamacco se n’è andato
Oddio Burlamacco se n’è andato
C’erano coriandoli e fantasia
C’erano coriandoli e fantasia
Delafia ‘un mi di’ che l’han portato via

Il cielo è triste, si è oscurato
Il cielo è triste, si è oscurato
Oddio Burlamacco se n’è andato
Oddio Burlamacco se n’è andato
C’erano coriandoli e fantasia
C’erano coriandoli e fantasia
Delafia ‘un mi di’ che l’han portato via

Che voglin fa’,
che piazza Grande è tutta in fermento,
sgobbino a sfa’.
‘Un mi di’ che c’hanno un’idea
che in Comune han preso la via,
tutta colpa della Brunetta-Caco-Fobia.
Come si fa
a rovina’ la nostra Viareggio,
come si fa?
C’è chi dice ‘un è colpa sua
se Viareggio è tutta ‘na bua
ma il Comune afferma:
“Tranquilli abbiamo un’idea!”

Dal porto la rena del tutto sparirà
e barche all’ormeggio per di qua e di là,
cantieri, bagnanti e palanche a refe nero.
Che voglin fa’, ‘un si voranno davero frega’? (Ah ah)
Che voglin fa’, ‘un si voranno davero frega’?

Come si fa,
già, come si fa a ‘un ridini in faccia,
come si fa?
‘Un mi di’ che c’hanno un’idea
che in Comune han preso la via,
tutta colpa della Brunetta-Caco-Fobia.

Pare che l’idea sia solo il frutto
di una vera genialità,
prova della nostra generosità.
Dare a Lucca il porto che invenzione,
che fantastica assurdità.
Che voglin fa’, ‘un si voranno davero frega’? (Ah ah)
Che voglin fa’, ‘un si voranno davero frega’?

Dal porto la rena del tutto sparirà
e barche all’ormeggio per di qua e di là,
cantieri, bagnanti e palanche a refe nero.
Che voglin fa’, ‘un si voranno davero frega’? (Ah ah)
Che voglin fa’, ‘un si voranno davero frega’? (Ah ah)
Che voglin fa’, ‘un si voranno davero frega’?

Semo di vì
Al Tabarracci
Semo nati, ma qui
Ci hanno divisi e così
È stato semplice
Nasconderci la verità
Certo però
La situazione
È stata triste, lo so
Tu eri a Milano, in metrò
Mentre io, al massimo
Tornavo sbronzo dal CRO

Semo di vì
Lo puoi di’ forte perché
Semo a Viareggio
Sole e mare, regna il Libeccio
E un tramonto uguale non c’è

Noi così
Due gemelli
Eravamo du’ gemelli al CRO
E Viareggio nella mente
Noi così
La stessa casa
La stessa famiglia che strano però
Eravamo du’ gemelli al CRO

Semo di vì
Mi brillano gli occhi
Se ci penso e lo sai
È stato meglio così
Quindi da ora in poi
Lascio Milano e lo smog
E resto qui
Lascio San Siro
Il Duomo, è andata così
Resto a Viareggio perché
Il molo è bellissimo
È vivo dentro di me

Semo di vì
Lo puoi di’ forte perché
Semo a Viareggio
Sole e mare, regna il Libeccio
E un tramonto uguale non c’è

Noi così
Due gemelli
Eravamo du’ gemelli al CRO
E Viareggio nella mente
Noi così
La stessa casa
La stessa famiglia che strano però
Eravamo du’ gemelli al CRO

Noi così
Due gemelli
Eravamo du’ gemelli al CRO
E Viareggio nella mente
Noi così
La stessa casa
La stessa famiglia che strano però
Eravamo du’ gemelli al CRO

Nato sotto del Cavalcavia
Via Pinciana, interno 23
Sopra ci stava Tenepa
Sotto una famiglia leta
E nell’orto la mi’ zi’ Tere’

Quante volte ho detto “Delafia”
La miseria che c’è in casa mia
Se cascava ‘na labbrata
O volava ‘na ciaffata
Sta tranquilla, sta tranquilla che toccava a me

Ed ho mangiato tanta pattona
Ma quando hai fame è così bona
E le mi’ ferie le ho fatte a Stiava
E più di lì non sono ito mai

Ed ora tu
Mi vieni a di’
Se sono nato vì…

[Ma certo che sono nato vì
Forza, ora, via]

Dal minuto 31:03 al minuto 32:54

À Paris
Piove da venerdì
Viene grossa così
E ‘uni smette neanco
Se tu piangi in turco
À Paris
À Bordeaux
C’è de’ bozzi perfino più grossi
Del Lago Major

Ed à Nice
Viene grandine fitta
Che sembrino fette di polenta
Fatta e rifritta in via Fratti
Ed à Nice
À Marseille
Tuoni e lampi
Ti danno la sveglia
E il buongiorno al matin

Piove forte à Paris
grossi volti à Bordeaux
Con i lampi à Marseille
E saette à Lyon
Non ti dico à Grenoble
L’ombrelli che c’è
E le strade allagate
Che sono à Rouen
E à Nissa grandina
Ma comme çi, ma comme ça
Non si fa Carneval
C’ho piace’ da mori’

È svenuta perciò anco Brigitte Bardot
E domani, si sa, viene pur Mitterand
Dinno che venerdì ci sarà Platini
E vedrai che a vede’ viene anco De Rifier
Ma non c’è rien à fé, ma non c’è rien à fé
Ma non c’è rien à fé, ma non c’è rien à fé
Non si fa Carneval
C’ho piace’ da mori’
M’imbriao da Sciapò
Lalalalalalalala

Dal minuto 5:20 al minuto 7:22

Amelia svegliti
Voglio renderti dotta
Che domani è sabato
Da due ore vi rimugino
Ma non ce la faccio a prendere sonno
Amelia guardimi
Che t’hai di’
Mi ci vuol subito
Sarà colpa dello zenzero
Ma non l’ho avuto mai, così

[Amelia non perdere quest’occasione]

Dal minuto 8:14 al minuto 8:55

Ovunque tu sia c’è sempre un “Delafia”
Intorno a te, intorno a te
Ovunque tu passi sul molo od in via Fratti
Ti senti di’ (Cosa?) quella parola lì

Rosina (Sì?)
Se vuoi davvero essere viareggina (Cosa devo fare?)
Se vuoi che camminando per la strada
La gente dica:
“Guarda la figlia dell’Angiò”
Prova un po’ (Delafia!)

Più in posa
Quando lo dici mettiti più in posa
Perché questa parola deliziosa
Ti fa capi’
Che sei dei nostri, sei di vì
Fa senti’ (Delafia!)

Rosina
Allegra, spensierata, sbarazzina
Con l’aria scanzonata e di monella
Sei ancor più bella
Da’ retta a me

E viareggina, Rosina, Rosina sarai
Se quella parola per sempre dirai
Perché “Delafia”, Rosina, vole di’ che sei di vì

E viareggina, Rosina, Rosina sarai
Se quella parola per sempre dirai
Perché “Delafia”, Rosina, vole di’ che sei di vì
Rosina, vole di’ che sei di vì
Rosina, vole di’ che sei di vì

Dal minuto 18:27 al minuto 20:30

A Viareggio si sa
Quando vien Carnevale
Si riempie il viale
Risa, canti et voilà
E l’estate si sa
Sulla spiaggia dorata
C’è la grande ammucchiata
Risa, canti et voilà

E così caschin tutti vì
Da Paris e dal resto del mondo
Che città, che felicità
Vieni qua, sembra un gran girotondo
E se tra i pini
Una stella nascerà
Con i gabbiani
Anco un ufo scenderà
La Tere’, poi la Cate’, Caccare’
E perfino Gismondo
Caschin vì anco da Bali
E così…
Caschin tutti vì

[Sai, tutti qui eh
Come c’è uno storto, sta’ tranquillo
Che arriva vì
‘Un c’è periolo]

E se tra i pini
Una stella nascerà
Con i gabbiani
Anco un ufo arriverà
La Tere’, poi la Cate’, Caccare’
E perfino Gismondo
Caschin vì anco da Bali
E così…
Caschin tutti vì
Caschin tutti vì

Dal minuto 14:52 al minuto 17:48

[Je suis arrivée maintenant ici à Viareggio
Pour chanter à Vous une chanson]

Com’è triste Bargecchia
Se sopra a quelle piane
Tu allunghi un po’ le mani
Ma le’ non ne vuol sape’
(Oh, com’è triste)

Tu che cerchi di trovar
In questa situazion
E le inventi un po’ di tutte
Per far del “franellon”

Troppo triste Bargecchia
Ora io me ne va’
Ma poi ritornerà
Tu non insta ‘n pensier
Esco di qui o di là
Fammici un po’ pensar
Ma sì, esco di là
Salutimi tu’ pa’

Dal minuto 11:42 al minuto 12:40

La, la, la, la
La, la, la, la

Beppa m’hai fatto ingazzurì
Ora mi devi di’ di sì
Sai vado di fori
Se mi dici, a te, lullì

Perché sei Beppa
Nata per fa’ ammatti’
Beppa non mi rincoglioni’
Sei te, solo te
Nata da ‘n cane
Che m’hai rubato il cuor…
La, la, la, la
La, la, la, la

[Beppa m’hai fatto anda’ di fori
Ma io ti vengo a cercare
Ti porto a mangia’ il coomero da Nando
Beppa, cambiti!]

Dal minuto 22:20 al minuto 23:55

Sapessi che emozione
Ave’ la dama del
Pian del Quercione
Che emozione
Mamma mia
È già passato un mese
Da che la vidi
Insù la Sarzanese
Che emozione
Un’altra volta
Tremo tutto

Amarla è una pazzia
Ci pensi, lo sapesse
La mi’ zia
Aritonfa che emozione
Tirini che è ferito
Le’ ci teneva tanto
Ch’io mi sposassi con una
Che sta a Trento
È la su’ bagnante
C’ha un sacco di palanche
Bon per le’

Ma il cuore
Non ammette consiglio
Io n’ho fatto l’anello
Lei m’ha porto un coniglio
Che faccio? Lo piglio
Meglio che nulla
‘Un si sa mai
Co’ tempi che corino

Sapessi come agogno
Danni un appuntamento
A Pian di Mommio
Come agogno
E ‘un mi vergogno
Sono sfacciato
Piglialla per la mano
E anda’ a beve un chinotto
A Capezzano
Pago io, tanto ce n’ho tanti
M’ha fatto un coniglio
Lo piglio
Lo faccio alla cacciatora
Coll’ulive nere
(Che testo)

Dal minuto 27:00 al minuto 29:17

Di Piazza Grande non passo mai
Perché vi ho un chiodo dalla Maffei
In Passeggiata non posso andar
Perché il Chelotti è lì a aspetta’
Ed io, fra di voi
Per ‘un paga mai
Le strade che debbo fare
Però, prima o poi
Se ‘un pago vedrai
A Ripa dovrò emigrar

Anche al Giannessi e allo Sciapò
Glieli prometto, ma ‘un ne li do
La verduraia di Via Puccini
Segna da un anno, gobbi e zucchini
Ma ed io, fra di voi
Per ‘un paga mai
Le strade che debbo fare
Però, prima o poi,
Se ‘un pago vedrai
A Nocchi dovrò emigrar

[Oh ragazzi, è un momentaccio]

Dal minuto 13:17 al minuto 14:59

Adesso vai per ingiù
Quando arrivi a’ cantieri
Pigli la prima a destra
E vai, e vai…
“Sono arrivato?”
“Sie, hai voglia di cammina’”

E vai

Dopo duecento metri
Trovi la via Coppino
Se tu passi dal CRO
Mi prenoti un grappino
E vai

Quando sei al Bar Sportivo
Pigli il ponte girante
“Sono quasi arrivato”
“No, sei sempre distante”

Attraversi il Comune
Vedi in fondo il Piazzone
E-e-e-e
E poi si è alla stazione
“Ora ti vedo se hai inteso, eh?”

Adesso, io me va in giù
Quando arriva a’ cantieri
Prende la prima diestra
E poi, e poi…
E poi
“E poi te l’ho detto, no?”

Dopo duecento metri
Trovi la via Coppino
Se ti passo da CRO
Ti prenota grappino
E poi

Quando sei al Bar Sportivo
Pigli il ponte girante
“Sono quasi arrivato?”
“No, sei troppo ignorante
Te l’ho detto anco’ prima
E se ‘un sei un capocchione…”

E-e-e-e
Troverai una stazione
Troverai una stazione

Dal minuto 26:00 al minuto 28:18

Perdonatemi se
‘Un ce l’ho fatta mai
A ave’ un posto in Comune

Io sono un capocchione
E per dove’ campa’
La sera, poi, il cartone

Perdonatemi
Sono un capocchione
Ma un zoo però, eh

Dal minuto 12:40 al minuto 13:17

Amico viareggino
Perché ti sembra strano
Che questa tua città
Non sia più ricca di Milano
Più chic di Firenze e di Torino
Per soddisfare anche un bagnante divino
Son cose di un passato
Ormai dimenticato
Viareggio, la sua spiaggia
È il suo primato
Ma lamentarsi ormai non serve più
In fondo l’hai voluto tu

Ora t’attacchi al tramme
È inutile tentare
Di far tornar le somme
Ora lo sai anche tu
Chiuder la stalla
Non ti serve più
Il cielo è più oscuro
La spiaggia è più nera
L’ombrello è già rosso
Ma tu aspetta e spera
Ora da’ retta assai a me
Se si continua a andare
Adagio, lemme lemme
Mentre i partiti
Giocano a cucù
Ci resta il tramme
Attaccati anche tu

Più volte ci hai creduto
Più volte ci hai provato
Al seggio elettorale
Ti sei sempre presentato
Ed hai nuotato nella convinzione
D’aver così una buona direzione
Ma poi, com’è finita?
Ti basta da ‘na occhiata
Viareggio, guarda
Come l’han conciata
La bicicletta l’hai voluta tu
Pedala e non pensarci più

Ora t’attacchi al tramme
È inutile tentare
Di far tornar le somme
Ora lo sai anche tu
Chiuder la stalla
Non ti serve più
Il cielo è più oscuro
La spiaggia è più nera
L’ombrello è già rosso
Ma tu aspetta e spera
Ora da’ retta assai a me
Se si continua a andare
Adagio, lemme lemme
Mentre i partiti
Giocano a cucù
Ci resta il tramme
Attaccati anche tu
Ci resta il tramme
Attaccati anche tu!

Dal minuto 29:17 al minuto 32:25

Paolo Barsacchi non lo sa
Ma quando passa tutti lo stanno a guarda’
Capotto black, la sciarpa rossa
Se lo chiami fa la mossa
Ma lui con grande serietà
Saluta tutti, dice “Sì” e poi se ne va
Lo puoi fermare, ti sta a ascoltare
Ma poi fa come gli pare

Dietro c’è il Nave, il Giannecchini
Il Pucci, il Billé e il Bonuccelli
Poi c’è il De Ambris, il Moscardini
Fabio, il Barbetti, che gli dice: “Come te ‘un ce n’è”

Paolo Barsacchi non lo sa
Ma quando porta il suo partito a passeggia’
Quella sfilata organizzata
Sembra sia la Libecciata
Quella sfilata organizzata
Sembra sia la Libecciata
La la
La la

Dal minuto 36:48 al minuto 38:26

Com’è delizioso andar
A sentir Spadaro
A veder Spadaro
Com’è delizioso andar

[Spadaro, lo chansonnier
Il Maurice Chevalier]

T’arrivo una mattina a Camaiore
Col pullman delle otto e ventitré
Quando mi sento fa: “Oh Salvatore”
Mi giro e chi ti vedo, è la Tere’
Ni dio “Sei qui per fare una girata?”
“Sarebbe meglio, son qui, perché sfrattata”

Mi tiri un matone al Bisanti
Mi trebbi un callo al Bivoli
Sputa’ in un occhio al Nave
Mi dai quattro calci al Barbetti
E me li mandi tutti all’ospedale
Se incontri il Gemigliani
Il Pucci, il Pagliarani
Mordini il collo e digli un “Accidenti a te”
La colpa è di loro lì
Se invece che in via Fratti…
Ora sto qui

[Spadaro parla chiaro, eh
Non porta rispetto a nessuno
Spadaro non vuole storie]

A quello che v’ho detto ben pensate
‘Un ci ridete, date retta a me
Perché quel che è successo alla Tere’
Può capitare, un giorno o l’altro, a te
Ci hanno imbarcato tutti in questa giostra
Viareggio ormai è di tutti
‘Un è più nostra

Ti tiro un matone al Bisanti
Ti trebbio un callo al Bivoli
Sputo in un occhio al Nave
Ti do quattro calci al Barbetti
E te li mando tutti all’ospedale
Se incontro il Giaimignani
Il Pucci, il Pagliarani
Ti do quattro labbrate come hai detto te
Ti tiro un matone al Bisanti
E a tutti gli assessori che vuoi te
Ti tiro un matone al Bisanti
E a tutti gli assessori che vuoi te

Dal minuto 8:29 al minuto 11:29

Quand’una è bella non può cambiare
Qualsiasi cosa gli possan far
La puoi vestire anco di stracci
Ma quella è bella, niente puoi farci

Anco se lei non lo vuol dir
I fuoriclasse fanno così
La metti in mezzo a centomila
Ma lei che vedi è in prima fila

Ed io non parlo di una che è bella
Ma di Viareggio, che è la più bella
Qualsiasi cosa tu ni puoi fa
La puoi frusta’, la puoi picchia’
Ma quella bella, sempre più, sarà

La la la la
La la la la

(Centomila)
(In prima fila)

Ed io non parlo di una che è bella
Ma di Viareggio, che è la più bella
Qualsiasi cosa ni possan far
La puoi picchia’, la puoi frusta’
Ma quella bella, sempre più, sarà
Ma quella bella, sempre più, sarà

Dal minuto 15:16 al minuto 18:15

Dimmi come mai
Me la prometti e
Dopo ‘un me la dai
Mi fai i dispetti
Ma se ‘un la vuoi da’
Che la prometti a fa’
Ieri sera sai
Ero infunato
Ma a forza d’aspetta’
Son congelato
Se ora vengo su
Non mi si erigge più

Ogni giorno tu
Mi ingazzurisci
Coi discorsi sempre più
Mi dici
“Oggi il mi’ marito se ne va
Sta du’ giorni a Roma
Quando vien la luna
Vieni su, è la volta bona, vieni!”
Ehi…

Ma che te ne fai?
Mi fai sta qui
Tre ore, poi ‘un ci stai
Sempre così
Ma se ‘un me la vuoi da’
Che m’alleccurisci a…

Shubidubidu
Anco stasera
Shubidubidu
Come ogni sera
Shubidubidu
Lai lalai lalai

Dal minuto 20:30 al minuto 22:20

E allora
Ti dirò
Che sono un po’ nato da ‘n cane
Perché mi garbin le sottane
E faccio sempre il galappione
Ma però
Con las muchaccia viareggina
Non ce combino, ma è la prima
E vado in bianco
Que ta dir

Dal minuto 30:16 al minuto 32:24

Verrò con te da Burlamacco
A dirgli grazie, vecchio ragazzo
Ora sei entrato nell’hit-parade
E tutto il mondo parla di te
Insieme a te c’è Pulcinella
Ed Arlecchino ti fa da spalla
La serenata di Colombina
La sentirà perfino Ondina

Sei sempre tu, amico mio
Che ci regali canzoni e brio
Basta vederti e anco d’agosto
Il Carnevale ti senti addosso
Il tuo mantello corre sul molo
Come un gabbiano che ha preso il volo
Nel tuo sorriso dolce ed arguto
C’è di Viareggio tutto il saluto

Verrò con te da Burlamacco
E ballerò a più non posso
Per festeggiare insieme a te
Chi vede maschere…
È il nuovo re

Dal minuto 25:59 al minuto 27:49

C’è…
C’è quel posto che intendi di te
Per sape’ tutto quello che vuoi
Su Viareggio e su noi
La Canzonetta, oilà
Poi sentire parlar della Tre
Di Tenepa, D’Amato e Picciù
E del tempo che fu
La Canzonetta

Così imparerai che vuol dire “Aspella’”
E che per di’ babbo noi dimo “Mi pa’”
Che vialone vuol di’ sfranella’
In dov’è il Varignano
Chi è Tono D’Arliano

Vedrai, forse, cose di poco valore
Ma che per noi hanno un grande sapore
E ci fanno trema’
Se vuoi impara’
Com’è questa città
Sei all’università!

Dal minuto 41:47

Son già tre anni che abito a Milano
Ma non mi so scorda’ del Varignano
Qui non si vede niente
Nemmeno il viso della gente
Nell’aria c’è sapore di Carnevale
Ho chiesto un po’ di ferie al principale
Ritornerò a Viareggio
E ci starò tre settimane

Tre settimane da raccontare
Burlamacco si sposa col mare
Poi la festa finisce
Io debbo partire
Io debbo partire già

Un ultimo coriandolo si posa
Sulla tua spiaggia di velluto rosa
Oh mia Viareggio io voglio restare
Restare con te

Son già tre anni che abiti a Milano
Ma non ti sai scorda’ del Varignano
Ma un giorno, prima o poi, vedrai
Ritornerai da noi
Già accanto alla pineta e alla campagna
Si canta “Su la coppa di champagne”
Il Carnevale viene
E durerà tre settimane

Tre settimane da raccontare
Burlamacco si sposa col mare
Poi la festa finisce
Io debbo partire
Io debbo partire già

Un ultimo coriandolo si posa
Sulla tua spiaggia di velluto rosa
Oh mia Viareggio io voglio restare
Restare con te

Oh mia Viareggio io voglio restare
Restare con te

Dal minuto 32:24 al minuto 35:57

Io lo sapevo perché ero nato
Io ‘un mi rendevo conto di vel che servivo
Ora ho capito tutto
Ora mi sono adatto
Ora so tutte le cosine

L’occhi mi servino per vederti te
I labbri mi servino per parla’ con te
L’orecchi mi servino per senti’ vel che mi dici
Le mano mi servino per acciuccignarti tutta

E sono un uomo, un uomo ganzo
Un uomo ganzo perché mi garbi
E sono un uomo, un uomo a modo
Un uomo a modo perché mi garbi
Perché mi garbi
Mi garbi ‘un so vanto
Mi garbi di molto
E io ti garbo di più forse a te
Sennò ti spezzo
La, la, la, la, la
La, la, la, la, la

Dal minuto 20:49 al minuto 22:37

Vecchia Darsena dei tempi, dei maestri calafati
E i trabaccolari venneroe ‘un se ne sono più andati
Quando il panfilo ‘un sapevimo che fosse
E miseria c’era come se piovesse
Vecchia Darsena dei vageri, amici di Viani
Che portavi la fuciacca per tenessi su i calzoni
E il Benetti era in quarta elementar
Ma sognava già il cantiere per campar

Sciabiche, trampoli, gozzi a non fini’
Cerchiaie per pesca’ anguille cee a sfa’
Gamberi, totani, triglie a volontà
Potevi mangia’ ogni giorno se volevi il baccalà

Vecchia Darsena dei tempi, dei bagnanti fiorentini
Che portavino da casa i fagioli e gli zucchini
Vecchia Darsena che usavi solo il Tu
Sei rimasta un bel ricordo e nulla più

Sciabiche, trampoli, gozzi a non fini’
Cerchiaie per pesca’ anguille cee a sfa’
Gamberi, totani, triglie a volontà
Potevi mangia’ ogni giorno se volevi il baccalà

Vecchia Darsena dei tempi, dei bagnanti fiorentini
Che portavino da casa i fagioli e gli zucchini
Vecchia Darsena che usavi solo il Tu
Sei rimasta un bel ricordo e nulla più
Sei rimasta un bel ricordo e nulla più

Dal minuto 32:25 al minuto 35:10

Un poco spettinata, la veste scolorita
Mi piaci anche così, Viareggio mia
Negli occhi un’illusione, sul viso acqua e sapone
Sei bella anche così, Viareggio mia
Racconti nei caffè le storie dolci del passato
Aspetti nuovi amori che l’estate porterà
Un po’ dimenticata, tre gatti in Passeggiata
Ma nel tuo cuore tanta fantasia
Sei forse meno chic, ma quando sei così
Ti amo anche di più, Viareggio mia

No, in tutto il mondo non c’è
Una città innamorata
Che sia più bella di te

Appendi la cerchiaia quando arriva primavera
Imbianchi la facciata e ti prepari al rendez-vous
Un po’ dimenticata, tre gatti in Passeggiata
Ma nel tuo cuore tanta fantasia
Sei forse meno chic, ma quando sei così
Ti amo anche di più, Viareggio mia
Sei forse meno chic, ma quando sei così
Ti amo anche di più, Viareggio mia

Dal minuto 4:35 al minuto 8:29

Viareggio non si può tradi’
Non merita questo, lo sai
Fanni del male
È peccato mortale
Ha messo a tua disposizione
Prova di prima validità
Ma te sei un miccio
Non la sai usa’
Non ti rendi conto
Che col tuo lavoro
Tu stai distruggendo
Questo capolavoro

Viareggio non si può tradi’
Perché ha un cuore grande così
Lo so che ti perdonerà
Ma ‘un te approfitta’

Fanni del male
La la la la la la
Ma te sei un miccio
La la la la la la

Non ti rendi conto
Che col tuo lavoro
Tu stai distruggendo
Questo capolavoro

Viareggio non si può tradi’
Perché ha un cuore grande così
Lo so che ti perdonerà
Ma ‘un te approfitta’
Ma ‘un te approfitta’

Dal minuto 17:48 al minuto 20:49

Cerchi ogni giorno un’altra dimensione,
hai una siringa nella vena blu,
hai emarginato l’ultimo istrione
dacché i ricordi non ti servon più…
Vecchio artigiano della fantasia,
chiudo la mia bottega demodé,
non trovo più clienti alla poesia,
ma soprattutto non ritrovo te.

Addio,
già tante volte amore mio
ti ho detto addio…
Addio,
ma questa volta
è proprio l’ultima perché…
Sulla tastiera
discende la sera
e più storia non c’è…
Senza rimpianto
è finito il racconto
che ho scritto per te…
Addio,
ma nel mio cuor
rimani ancor
l’amore mio.

La maschera deposta d’istrione,
deposta ogni illusione, ogni ansietà,
salgo così sull’ultimo vagone
di un treno che mai più ritornerà…
E a te che feci donna, per magia
schiudo le porte della libertà,
sul calendario della vita mia
è giunto il giorno della verità…

Addio,
già tante volte amore mio
ti ho detto addio…
Addio,
ma questa volta
è proprio l’ultima perché…
Sulla tastiera
discende la sera
e più storia non c’è…
Senza rimpianto
è finito il racconto
che ho scritto per te…
Addio,
ma nel mio cuor
rimani ancor
l’amore mio.

Sulla tastiera
discende la sera
e più storia non c’è…
Senza rimpianto
è finito il racconto
che ho scritto per te…
Addio,
ma nel mio cuor
rimani ancor
l’amore mio.

Se ho affittato? Eh, e di’ che ho affittato benino è di’ pogo;
te guardimi ne le sembianze gioiose e po’ datti a la fantasia più disfrenata.
Oh Tere’, una mandata di comparita come guest’anno ‘un si vedeva dalla calata de’ Longobardi.
Una festa per l’occhi, oh ‘un mi vien guasi da piange’ per la commozione;
più di quando al mi’ marito ni denno la medaglia al valore,
perché ne la disfatta di Caporetto s’era ritirato adagio.
M’han portato l’orgoglio in famiglia, e ‘un dio altro;
gente in su, e ‘un mi fa’ parlare: marito, moglie, e du’ infanti… Loro li chiamino così.
Pensa un po’: camera, salotto, cucina e comodo; cucina e comodo in condominio,
noi mangiamo sottoscala perché ci fa più fresco.
Anditino a senso unico, uno passa, vell’altro aspetta;
pensa un po’ che riguardi. Di dove? Di Pievesenatico.
Io sento parla’ di un castello col ponte lavatoio e non mi pronuncio oltre.
Cosa? Eh eh, e ‘un vorai miga mette i mi’ bagnanti co’ tui…
Oh di ‘ase raccomandate dall’azienda economa in via Chimene, c’è soltanto la mia.
Come perché? Perché dopo la mi’ ‘asa vien subito l’albergo!

Son tanto perbenino,
rigovernino da sé,
non sporchino il chiusino
non t’incrinino il bidet.
Lu’ porta il borsalino
e l’orilogio nel gilet;
le’ pare un figurino
e ha la mèche nel toupet.
Bagnanti, bagnanti,
i meglio en capitati a me.

De’ burbiglioni Adargiso, te senti le rote che ci sono in quel nome lì;
a la guera degl’ incrociati il su’ bisnonno ci perse un orecchio,
per me lullì è marchese, ‘un lo dice, ma lo fa capi’.
Lì en palle su lo stemma ‘un si scappa. Oh le’ è una bellezza, oh sì,
dovresti vede’ il portamento di quella donna,
t’apre la porta del comodo, come se dovesse entrare nella sala delle udienze regali.
I du’ infanti ahh (Smack) e taccio. Te pensa i du’ fratelli Mechetti quand’erin piccini…
Per me l’han divezzati nel collegio delle Torsoline, vestiti a marinaretti po’ ‘un c’è lapis per disegnalli.
“Che t’è arivata la flotta?” Mi fa la Mariola de la ‘Ampana.
“E te che t’è arivato?”. “Una mandata di ‘alzoni riulati”.
“I tui sembrino svizzeri quando ‘un passino la cioccolata col culo”. Unne le mando miga a dire.
“Eh…Puliti?!? Ma scherzi o dici sul serio? Te vieni davanti alla mi’ porta,
quando vedi sorti’ quattro nuvole di profumo spray, lì dentro c’eno i mi’ bagnanti”.
Bagni boni eh…oh…
Camerino singolo presso lo stabilimento Lelia, e non li manca niente:
palette, secchielli, costumi, accappatoi, pinne acquatiche.
Locali serali, te li ripassin tutti: alla Risacca e da Tito son di ‘asa,
e da tanto che sono assidui Sergio l’ha missi perfino sotto la mutua;
e loro lì ‘un en di velli che s’abbuffino oh…
Cucina classica, che brodi, che consommé, che ristretti.
Savoiardo nel caffellatte: lo inzuppino, lo levino senza fanni fa’ ‘na grinza.
Ni dio sempre al mi marito: “Te guarda e impara!”…A lu’ ni si tronca subito.

Consumin poga luce,
non ti sfondino il sofà,
‘un alzino la voce,
non li senti litiga’.
Oh cosa, datti pace,
‘un t’offende,
‘un aggaglia’,
a dillo mi dispiace
ma di più ‘un si po’ spera’.
Bagnanti, bagnanti
di velli da falli imbalsama’.

Quindici giorni dopo…
‘Un mi parla’ più de’ bagnanti, nati da ‘n cane. Unne voglio più senti’ neanco l’odore,
accidenti al giorno che me li so’ missi fra le ‘osce! Delofio che troiaio…
Appetto a loro il baroccio del pattume è acqua di ‘Olonia,
questi popò di pidocchiosi, oh. Oh ‘un si rivince; in casa mia ci sembra il Metato,
o ‘un t’è venuta anco la socera… Questa popò di befana,
‘un ce la fai mai a capi’ se sia a sede’ o se sia ritta.
Pare il matuffo di fondo, quello che ‘un c’alligna né il sugo né il formaggio.
L’altro giorno n’è scoppiato un cecchio chiappino e m’ha rotto tutti i vetri della credenza,
pareva fosse scoppiata la bombola del gasse!
Brodini!?! Ma nemmeno co’ dadi per fa il gioo dell’oca,
da vel tavolino lì un fil di fume ‘un ce l’ho mai visto leva’; cartocci tanti…
A ridanni primitive sembianze, a le mortadelle che t’han mangiato loro lì,
c’è da fa le ‘orse de’ micci per tre anni!
Altro che consommé, m’han diluviato persino i lupini della tombola!

Però bella mi’ Te’ ci vol coraggio,
‘un c’è più un bricco sano, né un laveggio,
ti rubbino le groste del formaggio
po’ vanno a parla’ male di Viareggio.
Mangin tutto co’ le mani
che abbuffate d’affettato
a giorni sani,
di vino non ce n’è, manco annacquato.

E un piange bella mi’ Te’: a bagni boni?!?
Ma lu’ ha tre dita d’unto nel colletto, bagnature del brevio:
rimpiattino i vestiti tra poggioni e si vanno a sgruma’ dietro al moletto;
uno spazzolino da denti in quattro e con un pelo solo;
la socera si struscia le gengive col mani’o.
Loro lì si lavino col Caamai? Loro lì si lavino sì, ma col “Caasempre”.
Di già i bamboretti en pieni di groste, brutti e mal levati;
m’hanno riempito le matrasse di gore
e po’ con la carbonella m’han scritto su la porta del comodo:
“Viva la potta color puce dell’Assuntona”.
Io ‘un mi contenterei d’altro, ma la soddisfazione di sape’ come han fatto
a indovina’ il colore, me la vorei proprio leva’.
Hai capito che razza d’infanti e le’ fa la faina…

Col su’ marito litiga a nottate,
si sentin certe ‘ose che ‘un ti dio..
A lu’ ni garba da’ dell’attastate
però com’è lullì ‘un ci fa panio.
Oggi ho detto al mi’ Nerone:
“Un rimedio, caro mio,
presto s’impone:
o vanno fori loro o scappo io!”

Palle insù lo stemma?!?
Ma quelli lì ‘un son neanco cogliombari col varicocele!
Toh! Per te e tutti velli di Pievesenatico.

Quel che sbrodola il filosofo
tu non lo credere, non è la verità;
Bartolini fa il fotografo
e il Taccolino invece vende il baccalà;
chi s’arrabatta all’estero
vuol di’ che è nato qui,
chi ‘un vol passa’ da bischero
vuol di’ che è nato qui.

La potassa fatta in bricioli
se non la mescoli almeno per metà,
con lo zolfo dei fiammiferi
Sabato Santo stiocchi, oh bimbo, ‘un ne poi fa’;
chi non aspetta il sabato
per di’ che ‘ni stai lì,
ma ti sfa ‘l muso subito
vol di’ che è nato qui.

Cento case e una via ,
dove c’è anche la mia,
dove nasce una storia ogni dì,
la mia Viareggio è made in Italy.
Cento case e una via, (Cento case e un via, dove c’è anche la mia)
dove c’è anche la mia, (Cento case e un via, dove c’è anche la mia)
dove nasce una storia ogni dì,
la mia Viareggio è made in Italy.

Oggi va di moda il cosmico
Mercurio e Venere, galassie da scruta’,
tutto nacque da Copernico
ma dell’immenso ancor ben poco si sa;
ma chi senz’esser astronomo,
quando ‘un ni dice sì,
sa che i coglioni girino,
Vuol di’ che è nato qui.

Caschin già le foglie a’ platani
di vì alle Ceneri hai voglia d’arranca’;
tra gli scogli i primi totani
teneri ‘un sono, sposa falli sbollenta’.
Chi della vita il bandolo
accosterà ogni dì
al volo di un coriandolo,
vol di’ che è nato qui.

Cento case e una via,
dove c’è anche la mia,
dove nasce una storia ogni dì,
la mia Viareggio è made in Italy.
Cento case e una via, (Cento case e un via, dove c’è anche la mia)
dove c’è anche la mia, (Cento case e un via, dove c’è anche la mia)
dove nasce una storia ogni dì,
la mia Viareggio è made in Italy.
(Cento case e un via, dove c’è anche la mia)

Sarà la sorte ingrata
o il flusso della luna
se ‘un te ne imbrocco una
da cinquant’anni in qua,
ma se nella nottata
ho fatto sogni strani
speriamo che stamani
qualcosa cambierà.

Mi levo, mi lavo, mi voto, mi vesto,
l’orzoro non bevo per fare più presto;
in fabbrica scapolo un vero pestaggio
perché c’è lo sciopero a gatto selvaggio.
Vorrei fa’ ‘un macello, ma dato che son solo
con canna e secchiello ti vado sul molo;
mi metto alla pesca, l’igiene s’impone
mi vol vede’ l’esca, misura il ciortone.
Siccome risulta più in là di una spanna
mi fanno la multa, mi levin la canna;
t’ariva un agente: via di filato!
Dal Ponte Girante al Commissariato.
Al Commissariato c’è il mi’ Salvatore
Perché ha smoccolato il su’ professore.
In via Bonarroti Santoro m’allenza
“Se il sette mi voti…”, dio: “Che mi fai?”
Dice lu’: ”Ti curo a credenza”.
O Ernè, lascia perde’, son pieno di guai,
‘ttraverso col verde, m’investe il Gattai;
qualcuno si adopra per dammi una mano,
ma scivolo sopra la ciotta di un cane.
Rincaso depresso, che trovo in cucina?
Il solito lesso con la grandinina.
Fra il pranzo e la cena non cambia la storia
né nicchi, né rena, né pace, né gloria.

Delafia che giornata!

Sarà la sorte ingrata
o il flusso della luna,
se ‘un te ne imbrocco una
da cinquant’anni in qua.
Ma se la mi’ giornata
è andata a pippa nera
speriamo che stasera
qualcosa cambierà.

La televisione fra strisce e rumori
mi mette il fottone così sordo fori.
Ti vado in un cine “Sparate a Callisto”
ma dopo du’ scene…Oddio l’ho già visto!
Ci son le elezioni, Viareggio è impiastrato
di mille illusioni perciò il candidato
palanche a bigonge promette al comizio
però se ‘un t’arrangi finisci all’Ospizio.
A chiude l’Ufficio Gragnani si pone,
al bar di Vinicio c’è Prome in questione
e come argomento c’è il caldo che ‘un viene,
i danni del vento, la lira che ‘un tiene.
“La scienza al domani dà già un avvenire”
ribatte il Verciani, ma è inutile dire…
Dall’umile ancella all’esile Isotta
la cosa più bella… La posso di’? Sì!!!!
Rimane la potta!
E a me certe ‘ose mi mettin paura,
qualcosa mi cresce, ci vol l’avventura…
Ti passa una mora in minibraette,
somiglia alla Dora che sta alle Focette;
accanto alle scole stendemo il contratto
ni do quanto vole, ma giunti sul fatto,
la Mora m’artiglia: “Sei bello nostromo…”
ma appena si spoglia ti scopro che è un omo!!!

Delafia che serata!

Sarà la sorte ingrata
o il flusso della luna,
se ‘un te ne imbrocco una
da cinquant’anni in qua.
Ma se la mi’ serata
è andata a palle rotte
speriamo che stanotte
qualcosa cambierà.

L’afferma il mi’ nonno che ha già novant’anni
soltanto nel sonno ti scordi l’affanni.
Nessuno a tal detto può far la protesta,
se elimini il letto m’hai a di’ che ti resta….
Mi devo sbucchiare già fin dal mattino
mi fanno un affare che pare un conchino.
T’arivo alla sera con l’acqua a paioli
così ‘un vedo l’ora d’anda’ fra i lenzuoli.
Però non appena t’appitoro l’occhi
la mi’ Filomena mi stuzzia i ginocchi.
Stiracchia il saccone, mi dice “Tesoro”…
Mi sento un cappone, mi tocca fa’ il toro;
a fatto compiuto m’agghiozzo di botto,
ma dopo un minuto mi dà un pizziotto,
la Mena in caldana è un vero flagello…
Oddio! Mi richiama… Risuda Raffello!
Ridotto a una ciornia dal bis accordato
mi piglia una dormia da superdrogato
ma un certo strizzotto t’arriva nel sogno,
mi levo di scatto per via del bisogno.
Amato in gaina ce l’ha col Del Frate,
la notte cammina, le tre son passate,
ritorno nel letto per quel che rimane,
ma appena en le quattro mi sveglin le ‘ampane!

Delafia che nottata!!!!Sarà la sorte ingrata
o il flusso della luna
se ‘un te ne imbrocco una
da cinquant’anni in qua.
Ma se nella nottata
ho fatto sogni strani
speriamo che stamani
qualcosa cambierà.

Nel paese del mio passato
c’è una barca: la Santa Tere’,
cento viaggi, caolino e fosfato,
altri cento di grano e caffè.
C’è la rondine e il grillo,
la trottola e il prillo,
c’è il granchio e il nasello,
c’è il bamboro in collo.
Fra giorni di luce,
fra notti di pace,
c’è gente felice
di vivere qui.
C’è un fratino
che ha solo una tonaca
e c’è una domenica
fatta così.

Domenica al mio paese
botteghe chiuse,
ma aperte le Chiese.
Le Marinelle, le Berte, le Rose
son più vanitose
che gli altri sei dì.
Vieni Guglielma portiamo i ragazzi
fin sotto i palazzi
del viale Manin.
Una granita
piuttosto modesta
ed il giorno di festa
finisce così.

C’è la piazza dei marinai,
quelli vecchi che non viaggian più,
le tempeste, le femmine, i guai,
i ricordi del tempo che fu.
C’è laggiù una paranza,
c’è il vento che aronza.
Puleo con la ganza
che va in diligenza.
Fra giorni di luce,
fra notti di pace,
c’è gente felice
di vivere qui.
C’è una polla
che viene giù anemica
e c’è una domenica
fatta così.

Domenica al mio paese
botteghe chiuse,
ma aperte le Chiese.
Le Marinelle, le Berte, le Rose
son più vanitose
che gli altri sei dì.
Vieni Guglielma portiamo i ragazzi
fin sotto i palazzi
del viale Manin.
Una granita
piuttosto modesta
ed il giorno di festa
finisce così.

Nel paese del mio passato
c’è la casa ove nata sei tu.
Sale ancora l’odor di bucato
da un conchino girato all’ingiù.
C’è profumo di nicchia,
c’è un pozzo e una secchia.
C’è un torzo e una bucchia,
c’è un gatto che invecchia.
Fra giorni di luce,
fra notti di pace,
c’è gente felice
di vivere qui.
C’è un budello
che pare una monaca
e c’è una domenica
fatta così.Domenica al mio paese
botteghe chiuse,
ma aperte le Chiese.
Le Marinelle, le Berte, le Rose
son più vanitose
che gli altri sei dì.
Vieni Guglielma portiamo i ragazzi
fin sotto i palazzi
del viale Manin.
Una granita
piuttosto modesta
ed il giorno di festa
finisce così.
Una granita
piuttosto modesta
ed il giorno di festa
finisce così.

Il trenta di settembre, oh Gianni Schicchi,
matrasse da rifare ci calo i nicchi.
Il trenta di settembre farina e staccio,
per tutto il lungomare non passa un nicchio.

Il bagnino smonta i teli, il turista se ne va.
Si ritorna ad esser soli per le vie della città.
Fra pinacci e le rossine il ricordo svanirà
di un’estate senza fine per la casa d’affitta’.
Fra gallonzori e ceoline, fra miserie e nobiltà,
fra un odore di mondine, Carnevale arriverà.
E Viareggio, mattacchione, tra finzione e tra realtà,
sulle cose, le persone a scherzare tornerà.

Pigliarsela che vale, amico mio,
chi sfotte in Carnevale, non paga il fio.
Sul letto di Giocondo io sto sdraiato
per ridere di un mondo tutto sbagliato.

Un chirurgo fa il pittore, ma chi sia non lo dirò;
un legale fa il tenore, ma di petto non ha il Do.
Don Cinquini è cavaliere, ma il cavallo non ce l’ha;
il Donati è consigliere, ma consigli non ne dà.
Tolomei son senza Pia, il presente mai non c’è,
i partiti ‘un van mai via, i casini ‘un fa ‘l Bastré.
Il Baiocchi ‘un ha quattrini, Salimbeni scende giù;
‘un fa ova il Pollastrini, i bottigli ‘un puzzin più.

Di fuori sembri nera, povera Gigia,
ma sotto la panciera sei tutta grigia.
Il mondo è sempre stato in contraddizione,
Viareggio, che peccato, non fa eccezione.

Nelle ‘orse intorno a un pino alle sei di giovedì
Cortopassi arrivò primo, Gambalunga è sempre lì.
Il Pardocchi non ci vede, il Guercione invece sì,
i Fedeli en senza fede e giù ciccia il venerdì.
Il Cervelli ‘un si rinviene se lo dio è perché lo so,
i Malfatti en fatti bene mentre i Belli proprio no.
Angelino, il Buonaccorsi, de’ soccorsi ‘un te ne dà
mentre Giacomo, lo Sforzi, tanti sforzi ‘un li vol fa’.

Da quando Beccofino sfondò un tegame,
del vero viareggino s’è perso il seme.
Ora mi parte il treno, prepara cena,
lo sai che gode meno chi ‘un si dimena.

Il Del Cima è sempre in fondo, il Del Dotto poco sa,
Felicetti ‘un è giocondo, il Guidoni ‘un sa guida’.
Chiericoni ‘un serve messa, il Del Papa non è re,
il Del Frate ‘un ti confessa, perciò assolviti da te.
Il Pescaglia ‘un pesca arselle, il Del Sarto ‘un fa i gilet,
il Dal Pino ‘un dà pinelle, il Bideri ‘un c’ha il bidet.
Fumi ‘un fuma, Monti ‘un monta, Conti ‘un conta, Vanni ‘un va;
Alle scarpe Navi monta, Ciabattini ‘un te le fa.
I Balena son naselli, i Tigrati caribù,
i Leoni sono agnelli, ma che zoo, dimmelo tu.
Nel paese dei misteri, mezzanotte e mezzodì,
quasi sempre Biondi e Neri e il Del Magro e grosso sì.
Il Belluomini ‘un fa tipo perché troppo demodé,
il Gattai ‘un ti piglia un topo, ma soltanto le coupé.
Se il Salani è l’Angeloni, il perché vallo a capi’,
solamente gli Zucconi ‘un si spostino di lì.
Una mano di colore il Tintori ‘un te la dà,
alla scuola dell’amore il Del Fava ‘un ci sa fa.
Il Del Monte è nato al piano, il Del Fante ‘un sa spara’,
il Derè è repubblicano, il Sor Mario non si sa.

Scordati Torino, prendi il primo treno, vieni amore mio
Qui non c’è la Mole, ma tre case al sole e poi ci sono anch’io
Se con Carlo Alberto non hai più un rapporto, rompi l’Unità
Se rimpiangi il Valentino, qui c’è più di un pino che ha la stessa età
Se rimpiangi il Valentino, più c’è più di un pino che ha la stessa età

Il mio paese è il più bello del mondo
Dà sole a un mondo di mille città

Pensano a Milan, te con il coeur in man, su, vieni amore mio
Qui non c’è la nebbia, qui non ti fai rabbia e poi ci sono anch’io
La tua “Madunina” d’oro è piccinina, resti dove sta
Ce n’è un’altra con le mani piena di gabbiani che ha la stessa età
Ce n’è un’altra con le mani piena di gabbiani che ha la stessa età

Il mio paese è il più bello del mondo
Dà sole a un mondo di mille città

Lascia perde’ Roma, non fa’ più la scema, vieni amore mio
Là c’è sta chi magna, qui ce sta chi frigna e mo’ ce sto pur’io
E se il Colosseo fosse tutto tuo, te ne devi anna’
Senza vetri alla finestra, una casetta nostra ce sta pure qua
Senza vetri alla finestra, una casetta nostra ce sta pure qua

Il mio paese è il più bello del mondo
Dà sole a un mondo di mille città

Lascia sta’ Firenze, là ‘un par reticenze, vieni amore mio
Tra il Lungarno e il mare sai quanto ci ‘orre, in mare ci sto io
Dice che il “Biancone” sotto i’ Cupolone, là, ‘un ci vuol più star
Se vorrà la tintarella, se è anche in carrozzella, la soggiorni qua
Se vorrà la tintarella, se è anche in carrozzella, la soggiorni qua

Il mio paese è il più bello del mondo
Dà sole a un mondo di mille città

Scappa da Parigi, dai suoi “cieli bigi” e vieni amore mio
Scappa da Siviglia, tanto la mantilla te la compro io
Scappa da Pechino, tanto il mandarino cresce pure qua
E se il muro è lì vicino scappa da Berlino se ce la puoi far
E se il muro è lì vicino scappa da Berlino se ce la puoi far

Il mio paese è il più bello del mondo
Dà sole a un mondo di mille città

Caro figliolo, il fazzoletto bianco ricamato che tu’ ma’ sventolava alla stazione quando partisti, è dentro il cassettone e da vel giorno ‘un l’ha più lavato.
Voi sape’ di Viareggio? A malapena la puoi seguì con l’era del motore.
Là c’è la guerra, e qui c’è le signore, e l’imboscato che te le rimena.
E poi che c’è? C’è Lambertini, è qui in convalescenza a piglia il sole e discore col bagnino.
Ho parlato col conte di Torino per veder se ti mandino in licenza. Fatti nuovi?
Be’, anco Beppino l’hanno richiamato. La Adele ha la renella e a vende l’erbe in piazza del mercato ni tocca andacci alla tu’ zi Raffaella.
Puccini è ritornato, l’ho visto in automobile saran tre giorni fa, io ‘un mi vorrei sbaglia’, ma dev’esse malato.
E noi? E noi siamo da Darsena oramai, la vela é lisa è ‘un c’è bava di vento, e il nostro bastimento caro figliolo ha navigato assai. Io e la tu’ mamma semo all’ancoraggio e le’ vorebbe anda’ sempre di ronda, ma dove vuoi la porti? Al patinaggio? A fa’ tuffi di testa alla rotonda? Se il giorno è chiaro e se tua ma’ mi sgancia, s’arriva con l’amici sotto il faro, altri du’ passi fino alla bilancia e si fa a sera.
In quanto alle palanche cercamo di levassi dall’impacci, se d’inverno e le sere sono bone vado a pescar due cieche, se stracca il lavarone i coltellacci.
Eno magri l’affari be’ mi te! Vado a tira’ la sciabia e a far l’arselle, do una mano a Funari e raccatto pinelle e funghi se ce n’è.
E poi che voi di nova e di novella. Hanno aperto un locale in Passeggiata. La Rosa si è sposata. E la via Garibaldi è sempre quella.
Torre Matilde, dove andavi a sfera’ da bamboretto perché dicevi in si ne no m’annoio, è sempre lì.
Ma il ponte levatoio lo rifarranno perché questo è stretto.
Caro figliolo, domani vado in capitaneria per la pensione: voglino il libretto. Tienti alla via, ma ‘un lla piglia’ di petto!
La vita è amara, è sciocca, un sacco di panio, ma è sempre meglio avella anche se grama.
Il primo bacio è il mio, il secondo è tu ma che te lo stiocca, il terzo te lo manda la tu’ dama
E mi firmo.

Fra quelle da salvare,
ma son solo chimere,
c’è il vecchio puttaniere con i baffi in su;
il cecchio sul sedere,
la canna del clistere,
le case di piacere dal soffitto blu;
le groste sulla chiocca,
le mosche sulla cacca,
la febbre sorda in bocca e il buo nel pardesù;
le cosce della Checca,
il petto della Tocca,
l’uccello di Bistecca che non tira più;
il dente che fa male,
il trapano a pedale,
la nonna sul pitale a testa in giù.

Le cose da salvare sono queste
anche se rare
e le voglio raccontare
per chi non le sa,
le voglio raccontare
per chi deve qui restare
a ridare un nuovo volto alla città.

I frignoli di Dario,
la bazza di Gregorio,
il naso che Valerio ha preso da su’ pa’;
lo zio col climaterio
che recita il rosario,
ma smoccola sul serio se lo fai incazza’;
l’anello del tombino
che ha rotto Nazzareno,
il puzzo del bottino che ‘un si po’ leva’;
la moglie di Gaetano
che è moscia d’intestino
nemmeno il semolino ‘un ce la fa a agguanta’;
il Gori detto Francia
che ha l’aria nella pancia
e quando sgancia trema la città.

Le cose da salvare sono queste
anche se rare
e le voglio raccontare
per chi non le sa,
le voglio raccontare
per chi deve qui restare
a ridare un nuovo volto alla città.

La strada de’ tegami,
la Chiesa degli scemi,
il canto de’ Salani presso il Guarany;
la socera del Lovi
che fa la veglia a’ dami
se allunghino le mani per toccassi lì;
i giorni dell’amore
son quelli che hanno l’erre
l’ha detto il mi’ dottore Schiribì va vì;
lu’ ch’era stato in mare
mi leva le paure
dicendo vieni pure che oggi è gioverdì;
le palle rosso vino
il blu di Valentino
c’è quella gente che mi indiscreti’.

Le cose da salvare sono queste
anche se rare
e le voglio raccontare
per chi non le sa,
le voglio raccontare
per chi deve qui restare
a ridare un nuovo volto alla città.

La borsa un po’ ristretta,
O zoccolo o ciabatta,
con la tu’ sigaretta fammi fare un the;
la Giulia e la Giuditta
du’ franchi la marchetta,
quanto ci fai, oh Primetta, se venimo in tre;
le sciolte rindurite
con quattro limonate,
bronchiti rintuzzate con il vin brulé;
c’è il nonno di Tersite
che fede ‘un l’ha mai avute,
però ha voluto il frate lì vicino a sé;
al Camposanto, oh donne,
ci andrete lemme lemme,
se i soldi per il tramme non ce n’è…

Le cose da salvare sono queste
anche se rare
e le voglio raccontare
per chi non le sa,
le voglio raccontare
per chi deve qui restare
a ridare un nuovo volto alla città.

Primavera son verdi le foglie,
son verdi le voglie,
son verdi i perché.
Con il sole che bacia le soglie,
odiate spardiglie
non fate per me.
Oggi è il giorno di San Benedetto
e sotto il mio tetto sapete che c’è,
c’è una rondine bianca sul petto
c’è un nido già fatto,
venite a vede’.

Co’ le fave c’è bono il formaggio
profuma Viareggio
di rose e pansé;
ogni sera nel bene di Maggio
d’amore un messaggio
purissimo c’è.
O gran madre del Cielo Regina
Viareggio s’inchina
prostrata ai tuoi piè,
io però le cantavo bambina
perché la scambiavo,
Beppina, per te.

Miriordo
è il pensiero che vola,
vola verso una favola blu.
Miriordo
è quel banco di scuola
dove un giorno sedevi anche tu.
È la piazza davanti alla Chiesa,
è la mia con la tua gioventù,
è la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu…
È la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu.

Al Balena ci vanno i signori
Salviati, Ginori, Bertolli e Garè,
al Colombo curati e priori,
le monache al Dori
dal tocco alle tre.
Pottaioni, bisunti, arroganti
‘un vo’ più bagnanti però sai com’è,
semo poveri, i debiti en tanti,
sensali su canti,
pensate anche a me.

Ferragosto, cornetti e briosce,
fra puppore e cosce
la ciccia che c’è.
Il patino, signora, non esce
col mare che cresce
rimane dov’è.
In carrozza, da Berto guidata,
da pogo è passata Madama Dorè,
co’ budelli dell’ultima ondata
va in giro agghindata
per falli vede’.

Miriordo
è il pensiero che vola,
vola verso una favola blu.
Miriordo
è quel banco di scuola
dove un giorno sedevi anche tu.
È la piazza davanti alla Chiesa,
è la mia con la tua gioventù,
è la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu…
È la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu.

Grigio autunno, languori d’amore,
le sere per ore
si stamo a guarda’.
Se domani ti porto a fa’ more
tu’ madre, se occorre,
che cosa dirà?
“Non badare se Egisto t’attasta,
non dire mai basta
fin lì ci poi sta’,
Ma se vol qualcos’altro, Mercede,
lu’ prima di gode’
ti deve sposa’.”

Di mi’ padre le lettere stinte
che scrisse dal fronte
pensando a mi ma’.
Delle giostre le donne dipinte
dell’ottovolante
la velocità.
Del balletto, il costume azzardato,
del cinema muto
le fatue beltà.
Il sapore del primo peccato
da me confessato,
ma solo a metà.

Miriordo
è il pensiero che vola,
vola verso una favola blu.
Miriordo
è quel banco di scuola
dove un giorno sedevi anche tu.
È la piazza davanti alla Chiesa,
è la mia con la tua gioventù,
è la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu…
È la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu.

Un presepio col Bamboro rotto,
ci vole il panciotto
col freddo che fa.
La scabodda, la strega, ‘linchetto,
l’orribile aspetto
dell’eternità.
La mi’ nonna sdraiata sul letto,
l’impiastro sul petto,
la tosse che ha!
Le’ vorrebbe arriva’ a novantotto,
ma il medico ha detto
che ‘un ce la farà.

La civetta ha cantato stanotte
spirata è alle sette
l’Adele del Re
è in cucina da quando en le sette
che odore di latte
bruciato che c’è!

Una croce, un lumino, un ritratto,
du’ fiori, uno scritto,
lì dentro chi c’è?
C’è la vita, la vita, oh bimbetto,
che tutt’ad un tratto
s’è messa a sede’!

Miriordo
è il pensiero che vola,
vola verso una favola blu.
Miriordo
è quel banco di scuola
dove un giorno sedevi anche tu.
È la piazza davanti alla Chiesa,
è la mia con la tua gioventù,
è la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu…
È la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu.

Le Barsinotte, le Chiorbe, le Matte,
Cacabullete chiamato perché
nello svotassi la fece in piscina,
ruppe un chiusino ed immagina te.
Pìtoro, Ciottoro, Matta Maria,
la sora Mea che a Viareggio veni’
a fa’ la cura del sole a’ bagnetti,
ma ’bamboretti la fenno ammatti’.
Centi, Taccone, Maino, Rannata,
Meo di Palata, Patana, Sciapò,
Baffi di Fero che nel quarantotto
con un cazzotto un lucchese ammazzò.
Strizzo, Balloccioro, Caccola, il Neccia
che gli stiaccioni ‘un potea digeri’,
così una sera nel fa’ una cureggia
spense i lampioni del viale Manin.

Che razza di nomicchiori,
al tempo di mi’ pa’,
i viareggini andavino a inventa’.

La Ceccarana, la Pepa, la Beppa,
la Mangiastoppa, la Bella Filié,
Labbra D’amante, la Secca, la Spracca,
la Piritucchia, la Tocca, la Tre.
Bicchio, Birini, Quartuccio, Ridanni,
ma di Pinanni non c’era che lu’;
stava dieci anni per fa’ le rimonte,
quand’erin pronte ‘un usavino più.
Lupo di Mare, che se ne credeva,
stette dal Bava dieci anni a studia’;
quand’ebbe i fogli ni denno un puntone,
perse ‘l timone e lo fece affonda’.
Ceccapatuglio, Gomitola, Ghiove,
Ciotta di Bove chiamato perché
quando ‘un aoncava de’ vermi la mossa
tanto era grossa, parevino tre…

Che razza di nomicchiori,
al tempo di mi’ pa’,
i viareggini andavino a inventa’.

Sorba, Trenino, Raccattamalanni
che per trent’anni ste’ lì per mori’;
mentre ‘l Pardocchi, chiamato ‘l Ferone,
d’indigestione in tre giorni parti’.
Cecco di Bocco per ‘un senti’ male
all’ospedale ‘un ci andava perciò
se aveva un cecchio che ‘un ni maturava
se lo sturava col tirabusciò.
“Come son bello!” Marullo diceva
ma ‘un si sposava per ‘un dimagri’;
po’ per ‘un fassi ammuffì’ la conserva
sposò una serva, ma ‘un se ne servi’…
Lezzora, Pipporo, Smerdafaccende,
Sfondamutande chiamato perché
se le faceva di tela da tende,
per ‘un ispende le ‘uciva da sé.

Che razza di nomicchiori,
al tempo di mi’ pa’,
i viareggini andavino a inventa’.

La Rubapane, la Stiacciapidocchi,
la Piantastecchi, l’Aiutimité
perché la sfilza di nomi condita
sembra finita e finita non è…
C’è sempre il Grolla, Fremino, Chiocchetto,
Beppe ‘l fabbretto, Citrullo e Picciù;
nomi e nomicchiori come Ceccotto
che dal diciotto non s’usino più.
Senzaganasce, lo Spruzzoro, il Moro,
le Rubbafèro, Cuculo e Bastrè,
Gamba, Cacione, Radicchio, Caino,
Nicchio, Pescino, Tistino e Cacchè.
Gonza, Rodino, Chiodara, Giudizio
che senza un vizio voleva campa’,
ma po’ conobbe la Bocca di Potta,
perse la rotta e si volle danna’.

Che razza di nomicchiori,
al tempo di mi’ pa’,
i viareggini andavino a inventa’.

Vinci, Cacchino, Bignatta, Strinetti
che da bimbetti si fece pena’
impallinandosi chiappe e calzoni
quando a’ poggioni s’andava a sfera’.
Beppe D’Aguglia, chiamato Medaglia
perché in battaglia voleva peri’,
ma al primo colpo ‘un riuscì a danni volta,
prese la sciolta e sfilato mori’.
Fifo, Piattello, Gongone, Bennardo,
Cecco il Bugiardo chiamato perché
fra tante balle diceva perfino
che nientemeno era ‘ugino del Re.
Dea di Tramonte, Cianetta, Puzzino
che nel bottino t’andiede a casca’;
‘un servi’ a nulla lavallo co’ ranno,
durette un anno Puzzino a puzza’.

Che razza di nomicchiori,
al tempo di mi’ pa’,
i viareggini andavino a inventa’.

Tacio, Tallìto, Trebesto, ‘l Digiuno,
che manco un pruno poteva assaggia’;
n’era vienzuto a un cogliombaro un nodo
e ‘un c’era modo di fallo opera’.
Stoppa, Guazzino, Sciapino, Trivella
ganzo di vella che venne in città
a vende’ l’ova da un’altra provincia,
ni restò incinta e si fece sposa’.
La Gavinosa, la Tappo di Botte,
la Settepotte che inviava a grida’
quando di muscoli s’ingavonava
e se li sentiva la notte brucia’.
Pippo, Mondina, Tanasio, Capocchia,
la Bagalocchia, la Biasciamascé,
la Bella Rò che coll’acqua di Stiava
ci si lavava… Indovinelo te!

Che razza di nomicchiori,
al tempo di mi’ pa’,
i viareggini andavino a inventa’.

Venti a’ golfi e buriane e ‘un c’è bisogno dello strumento per veninne alla conoscenza,
perché se l’uomo è di davvero chiavato per il mare, il sapere lo deve aver nel senso.
E sta barca via la crusca il culo te lo dice un bischero, fra mezz’ora en crespe di poppa.
Ma ‘un esiste tempo trito, buriana, burasca, bufera, tropea, temporale, turbine, nembo,
vortice, fortuna, pampero, procella, tifone, ciclone, scione, uragano, maremoto
capace di piglia’ alla sprovista Beppe della Finocchia, padrone di fogli e di sentimento.
E chi vuole intende’, intenda. E qui piglio fiato.

A vento di troppo favore, occhio alla barca che troppo ti core.
È come se ‘un lo sapessi, ma io figuriti…
Al mare incazzato, son bono di levanni il miccio di sotto le chiappe.
Che faccio? E me lo domandi anco?
Tempero le vele, sghinghero alberetti, ‘maino pennoni delle velacce,
serro boccaporti, paro portelli, trinco l’artiglieria, stendo i passerini,
teso le sarte, arido i patrazi, metto i paranti di barcollamento,
piglio tersaroli alle gabbie, governo al maroso, cappeggio, poggio,
coro a secco, metto la pruga tra il filo e il traverso,
e alla prima potta do volta, perché “potta sudata è mezza guadagnata”.
E un occhio della coscienza su quell’altra mezza, ‘un ce la vuoi chiude’, eh?
Tanto, guarda, a no’ altri marittimi, l’anni dell’inferno,
se li scala piano piano il mestiere. E qui piglio fiato.

Mare Ionio in tempesta, l’Adelaide non curante fida,
superate le Bocche faremo rotta per le Antille,
Nuova Caledonia, Vado, Civitavecchia, Oceano Indiano e mari della Cina.
Se al timoniere unni venghino i geloni, a’ diti in du’ settimane se la levamo.
Riempito il portolano di notizie incognite, utili, Ministero Marina.
Cristoforo Colombo, Cabotta, Marco Polo, Anton Di Noli,
Uso di Mare, Malocello e Beppe della Finocchia.
In fatto d’ardimento marino, dopo ve’ sette lì, la storia ‘un ne registra altri.
A me m’è a dà un conchino, un manio di granata, un lenzolo, un remo, un tappo che ‘un trabui e all’Abetone no!
Ma basta che tu mi metti in mare, che anche per viaggio notturno il sottoscritto in Corsica
ti ci sbarca col manfano asciutto. E qui piglio fiato.

Ulteriore aggiornamento del libro di bordo.
Fori Portoferraio, avvistati relitti in naufragio: una seggiola e una cassetta d’aranci.
Trattavasi sicuramente di piroscafo rivolto alle Americhe.
Agguantato la seggiola con l’unghie tenacemente conficcate nei caviglioli,
vedevasi galleggiare un lucchese di Porta Elisa. Un cinese stava lì accanto,
anch’esso ancor più tenacemente aggrappato alla cassetta contenente l’aranci.
Causa vicinanza mastodontica balena artica, risultato impossibile agguantare i naufraghi
tramite calo scialuppa o gozzo che siasi. Lasciata passare nottata.
Alba sopraggiungendo, nulla più videsi fuorché mastodontica balena artica.
Arpionata la medesima con preciso colpo di folgoro,
issata a bordo e squartata dal cuoco con encomiabile perizia.
Cose da non credersi, ma fu ritrovato nella pancia del gigantesco cetaceo
il lucchese a sede’ sulla seggiola che vendeva l’aranci al cinese.
E qui piglio fiato.

Al lume di petrolio Assunta, amata, verosia sposa diletta,
queste poche righe ti vergo. Abbada alle tue faccende, casa e messa la domenica
e ‘un sorti’ che per la spesa, tanto per le strade ‘un c’è da raccatta’ che della polvere;
‘un t’avvampa’ alla vista del bagnante in braette che ti gira per le stanze per necessità d’affitto,
il lucchese è felino, riorditelo, e il pelo garba a tutti; ‘un ti da’ preoccupanza per i figlioli,
tanto en tutti maschi: se passino bene, se non passino c’è lo sbruffo del mare che l’aspetta.
Tienni piuttosto alla buona salute, pane inzuppato nel latte per supporazione patereccio,
tira filo per calli e rincalliti, cucchiaino da caffè per Tappabuo provocato da Cimello di Pino.
Pertosse, orecchioni, morbillo, scarlattina, lingua col grumo, patacche in gola,
brugliori, cecchi, groste, palloccoli anguinali, mal di pancia, cataro, caarella, mosse di verbi,
‘un c’è che l’anna da lavativo e a’ dottori vanni in culo, tanto è tutto calore.
E se il varicocele di tu pa’ Teofilo ni si dovesse ulteriormente allungare,
diciamo tanto per istabilire la misura fino al ginocchio,
te cucini subito due bottoni alle palle, tanto qualche occhiello libero alle mutande
lo trova sempre. E qui piglio fiato.

E a forza di piglia’ fiato la barca di Beppe della Finocchia è attraccata al porto delle Neppie.
Fondo e limo sull’ancora. Semo arrivati. Una messa a Pasqua, pensione, casa e osteria.
Le braccia ‘un en più al mare, la testa ‘un è più al vento. Soltanto il cuore è sempre alla vela.

Nel bare del vecchio Pompidio,
al buio d’un cantuccio,
si gioca a tersilio,
c’è odor di bistrò.
Ci bazzica gente alla mano,
si beve il quartuccio,
si fuma il toscano,
si chiacchiera un po’.

La Verona, il Talete, i gemelli,
l’Algerina, l’Amea di Corfù,
tutti i nomi di barche e budelli
navigate nel tempo che fu.

C’è sempre, nel bare di Pompidio,
dal milleottocento,
lo stesso mobilio
e li stessi bicchier.
Meloria, Bastia, Capo Mele,
sul filo del vento
abbracciamo le vele
dei nostri pensier.

C’è il modello che fece Tistino,
d’un cinque alberi, un clipper e del tè;
e più in là Garibaldi Peppino
che a Teano si incontra col re.

È un bare di periferia
che in giorni lontani
chiamavi osteria
con semplicità.
Qui senza più drizze né scotta,
padroni e scrivani
preparin la rotta
per l’eternità.

Senti ancora parla’ di Tamagno,
di Pio IX, di Geremia o Lenin.
Chiesarotto, realista o compagno,
ogni giorno t’attracchino lì.

Le ore quaggiù s’en fermate
sul chiaro tramonto
di un giorno d’estate
di cent’anni fa.
Sui visi, dal mare aggrinsiti,
c’è tutto il rimpianto
dei giorni puliti
di questa città.

Quella persiana un po’ stinta
Non era che finta
Quel vecchio caffè
Con il poncino al bicchiere
Con l’oste a sedere
La briscola in tre
Della chiesetta Ulivieri
Maria dei Dolori
Pregate per me
Ne han fatto un gran caseggiato
Gesù se n’è andato
Ma c’era un perché

Di questo paese rimpiango le cose
Che insieme alle rose sfiorirono ma
In piazza Viani c’è sempre una polla
Che è simile a quella di tanti anni fa

La primavera che bussa
La vecchia rimessa
Pariglie e landò
Dov’è l’albergo Del Sole
Quel nido ospitale
Ma piccolo un po’
Dov’è la camera buona
Con la mantovana
Di tela bordò
Il letto in ferro battuto
Il soffitto affrescato
Tarmito è il comò

Di questo paese rimpiango le cose
Che insieme alle rose sfiorirono ma
Dov’era il Casino, là al fosso bagnato
Viareggio è restato a un secolo fa

Le biciclette dell’era
Piacere di un’ora
Ma niente di più
Le scale senza ringhiera
La stessa paura
Che avevi anche tu
La farmacia con la senna
La vecchia Corinna
Dai falsi bijoux
Mentre in salotto mia nonna
Serviva la panna
Nei suoi rendez-vous

Di questo paese rimpiango le cose
Che insieme alle rose sfiorirono ma
Il ponte girante, sentiero sul fosso
È sempre lo stesso di cent’anni fa

Ormai sepolta dai pini
La corte Bottini
Più storia non fa
Più non la fanno i lampioni
Le antiche emozioni
Le antiche ansietà
Non più la gente pulita
Che prende la vita
Così come sta
Come ogni giorno lei viene
Col male e col bene
Divisi a metà

Di questo paese rimpiango le cose
Che insieme alle rose sfiorirono ma
In piazza Ragghianti c’è sempre un terrazzo
Che vide un ragazzo cinquant’anni fa

In questo paese c’è sempre l’incanto
Del mare e del vento, del mare e del vento
In questo paese sapore di sale
C’è sempre quel sole, c’è sempre quel sole

In questo paese ovunque tu vada
C’è sempre una strada di tant’anni fa
In questo paese c’è sempre il mio cuore
L’ho dato al mio amore per l’eternità

Ve li do io lilleri e i lalleri, vo’ altri viareggini ‘un sete degni neanco
di ungisi il chiavaccio di Porta Sant’Anna. Acqua, rena, ignoranza.
Restereste indigesti perfino alla pantera se fosse sempre di ciccia.
S’avete in grembo il nome della città, con la tinta perugina fin sull’orlo delle mura,
ma se ‘un venite in quel del buccellato, i fogli di carta bollata per le vostre ‘ose,
le ‘ase, le ‘hiese, le ‘hiuse, chi ve li firma? Bella mi’ Lucca!

Bella mi’ Lucca.
Bè mmi i fillunghi amati, anda via da Meati, ora mi tocca.
Vaggo a Viareggio, mi stiaffo per la rene, così il dolore al rene passerà.
Ho scritto in carta bona
In via Paolina, ad una famiglina che di meglio unne puoi trova’.

Camera mobiliata con l’uso di salotto, cucina e ciottoli,
uno scricchiolo di fune nell’orto per istende la biancheria di sotto,
gabinetto a volontà del cliente con l’obbligo di ‘arta propria
e pompatura dell’acqua dopo lo scario.

Pensa e ripensa, si piglia o non si piglia,
ti cario la famiglia in dirigenza.
Noi quattro dentro, i bambori davanti,
parevimo briganti del Far West.
Vien sin da Chiapperino, Ponte a Moriano,
Svotonno anco Fagnano, per vedetti parti’ miè.

Addio, Lucca, dall’acque sorgenti e pioviscolose.
Fusse però la cremina in punta di gota, ma la mi’ Concetta nel dolore della dipartita
era da paragonarsi tutta alla Lucia Mondellora dei “Compromessi” Sposi,
quando scappon su la chiatta per via che il Don Enrico
ni voleva bruciar il paglione a Renzo Tremarino, ladra tera.
Partimmo, viaggiommo, arrivommo, bussommo, entrommo.
Enno arivi velli de fagiolini!
Scesi nello scivolino della tromba delle scale, gremiti che ci pareva la ‘oda del pane.
Si fenno un festone come se fossimo fratelli di sangue liberati dalle tragedie del tremoto:
basci col succhiotto a bambori che allegavino come le nespole,
Manate in sulle spalle a’ mi’ vecchi da risveglianni i catari.
S’aiutonno a fa’ il trasloco dei fagotti alimentari dal tetto della diligenza al tavolino del salotto bono,
ma quando mi viense in dell’idea di fa’ il controllo numerio,
m’accorsi che mancava il fagotto dell’uva passora.
Dice il Sor Giuseppe Marittimo: “Ve lo sarete scordo”.
“Come le’ s’è scordo di levarsi i gracini dalla bazza”.
Allora lu’, rosso peperonato, rimirando la ciccia prosperosa dalla mi’ Concetta, mi fa:
“‘Un è tanto per l’uva, ma quando veggo la passora ‘un mi tengo più alle mosse, ladra tera”.

Passo da parte, i primi dì passonno
e male da di peste ‘un si trovommo,
stato non fosse de’ nodi alle matrasse,
pareva quasi d’esse nati lì.
Dissi a la mi’ Concetta: “Lucca una potta”,
sputò sulla mandritta e con una patta mi tramortì.

Te la riordi miè la bella rota di salame per danni di merenda a bambori in sulle piagge?
Sparitte? Eh sparitte, vella e anco l’unto di perdita insugato nell’anta della credenza.
“Allora se la son mangia i viareggini?”
“Cosa ci ni vorrebbe alludere con questo processo intenzionato?”,
mi fa il Sor Giuseppe Marittimo: “No’ altri siamo gente lavorativa e di parrocchia”.
Tutto di stianto i futeri de su bambori e la Sor Annunziata su’ legittima sposa,
invionno a fa la faccia di vecce e a trasuda’ da frontali.
Dopo du’ oncati a voto, le mani appigiate a belliori, si chinonno a scrannino
e giù a resce dalla bocca pezzi di salame che parevin bistecche, ladra tera.
Reato confesso, bel mi vo’, ‘un basterebbe un taro d’aringhe per difendili.
“Po’ esse quello che abbiam compro da Gigione”, dice il Sor Giuseppe,
ma quando la Nunziatona diede l’ultima aoncata che ni liberò il culaccino dallo strozzo,
“Gigione ‘un par di cogliombari” ni feci: “È proprio il mi’ salame di mi’ fattura casalinga”.
“Ne sete proprio sicuro?” “Ne sono sicuro sì, lo rionosco dallo spago, ladra tera”.
“Tirchi i lucchesi? Ma allora che dite i viareggini che con le mutande rotte ci fanno i colletti alle ‘amice?
Gabinetto di licenza nel fondo dell’orti scoredato dalla porta richiusa.
Perché Sor Giuseppe Marittimo ‘un ci fate rimettere la porta?”
Dice: “Perché per via delle mie ambizioni politiche devo controlla’
lo sforzo prodotto dagli italiani nel momento del bisogno”.
Guanciale senza federa, lenzoli tegghi, cartapeorati, con uno ce ne avevino fatto otto;
tiravi da’ piedi, ti si scoprivino le fattezze petturali;
tiravi dalla chiocca, risultavi come il morto di ‘olera adagiato sopra il birroccio.
Dice: “Casa lontana da fossi malarici e alberi limitrofi, fra zanzare, pulci,
burbiglion con le orna, ci ni pareva, iolai, il giardino biologico.
Zanzare impallate da riscambialle, iolai, per liofanti,
succhiavino a pompa come bambori da latte attaccati al pirolin de la balia.
Dopo tre notti parevimo tutti de pozzi artesiani, ci ni dia un po’ di zampirone fumogino”,
dice il Sor Giuseppe: “Per alleccurille di più, grosse come si rimpastino per danni sterminio,
ci ni vorrebbe sì, ma delle belle supposte avvelenate, ladra terra”.
Una notte ti sento proveni’ uno strappo dal letto del mi’ socero,
Seguito subito dopo da un grido lacerato da smove i calcinacci del soffitto.
“Che è successo oh pa’?”
Dice: “Tira di cima, tira di fondo, mi s’è strappo un lenzuolo nel mezzo.
Ma non importa, mia grida’ tanto per un lenzuolo rotto,
ma io ho gridato per via dello zanzarone”. “Quale, oh pa’?”
Dice: “Quello delle tre e mezza che entra da un succhiotto e poi va via”.
“E in che punto v’ha punto?”
Dice: “a cagion dello strappo centrale.
m’ha punto appunto in un punto che ormai un mi serve più,
ma mi c’ero tanto affezionato, ladra tera”.

Le cartoline illustrate,
lacci, lamette e gilet,
le saponette scartate,
cianfrusaglie demodé;
pettini e carte bollate,
crema da scarpe Nugget,
pale, secchielli da estate
e tabacco da frate,
Tre Stelle per me.

Quell’appaltino antiquato
di cinque metri per tre
la scorsa notte ho sognato,
sono entrato insieme a te.
Sale dal tempo passato,
triste un rimpianto perché
con l’appaltino antiquato
qualcosa è finito
anche dentro di me.

Via Garibaldi
piena di soldi,
soldi per vivere
e fare l’amor.
Ci sono nato,
non ho scordato
le dolci e tenere
cose di allor.
Ti sorridevo,
rammento, lo so,
per quel che avevo
e che adesso non ho.
Via Garibaldi
prestami i soldi,
devi comprare una casa al mio cuor.

Decorazioni ufficiali,
nastri, galloni e chepì,
aquile per federali,
bamboline di Biscuit,
fregi, speroni, stivali,
domini e cipria coty;
la rinascenza Natali
non ebbe figlioli
e per questo finì.

Sul mare il cielo si arrossa
mi siedo al bar Guaranì,
guardo la gente che passa
e ripassa tutto il dì,
solitamente, la stessa,
più ricercata che chic,
quella signora un po’ grassa:
non è una contessa
ma un bricco di vì.

Via Garibaldi
piena di soldi,
soldi per vivere
e fare l’amor.
Ci sono nato,
non ho scordato
le dolci e tenere
cose di allor.
Ti sorridevo,
rammento, lo so,
per quel che avevo
e che adesso non ho.
Via Garibaldi
prestami i soldi,
devi comprare una casa al mio cuor.

Quanti quaderni a quadretti
che comperavi anche a tu
dal vecchio nonno Michetti,
foderine gialle o blu.
Lui non fumava i Minghetti
come Camillo Cavour,
beveva solo i corretti,
ma quelli ristretti del tempo che fu.

Fogli di carta stampata,
a trenta passi più in su,
di Bociorino l’entrata,
da una vita non c’è più.
Sulla tribuna illustrata,
il terremoto in Perù
e in una prima puntata
la storia segreta di un certo Landu.

Via Garibaldi
piena di soldi,
soldi per vivere
e fare l’amor.
Ci sono nato,
non ho scordato
le dolci e tenere
cose di allor.
Ti sorridevo,
rammento, lo so,
per quel che avevo
e che adesso non ho.
Via Garibaldi
prestami i soldi,
devi comprare una casa al mio cuor.
Via Garibaldi
prestami i soldi,
devi comprare una casa al mio cuor.

Du’ palle di cascellore,
du’ bodde, du’ ciottellore,
du’ pillole, du’ tullore
col tè.
Du’ panni messi a stendere,
du’ fiaschi vuoti a rendere,
du’ strappi da riprendere
al gilet.
Du’ danni da rifondere,
du’ pecche da nascondere,
du’ lillori da spendere
perché
le cose non ti scappino,
però se in due s’accoppino
mi devi di’ la vita che cos’è!

Viaregginella,
in cima al molo
ci son io soltanto solo,
solo con le cose mie,
ma anche noi saremo in due
se stai con me.

Du’ foglie che tramontino,
du’ donne che s’incontrino,
du’ nuvole che montino
laggiù.
Du’ vecchi che raccontino
du’ viaggi che rammentino,
du’ cosi che ormai stentino
‘andà su.
Du’ micci che ‘un si puntino,
du’ denti che ‘un ispuntino,
du’ rondini che cantino
nel blu.
Le cose non ti scappino,
però in due ‘un s’accoppino,
la vita, bel mi te’, non serve più.

Viaregginella,
in cima al molo
ci son io soltanto solo,
solo con le cose mie,
ma anche noi saremo in due
se stai con me.

Du’ vele, du’ trabaccoli,
du’ marinai, du’ moccoli,
tirati a’ Santi piccoli
e più in là.
Du’ chiese con du’ traccoli,
du’ case con du’ steccoli,
du’ arcili, du’ trabiccoli
da sfa’.
Du’ bimbe con du’ boccoli,
du’ donne con du’ zoccoli,
du’ serve di Lantraccoli
e si sa.
Le cose non ti scappino,
però se in due s’accoppino,
la vita mi sai di’ cosa ti dà?

Viaregginella,
in cima al molo
ci son io soltanto solo,
solo con le cose mie,
ma anche noi saremo in due
se stai con me.

Du’ lettere per Cagliari,
du’ culle, du’ sonagliori,
du’ cuffie, du’ bavagliori
e fra un po’
du’ bamboli su’ sogliori,
du’ caccole, du’ brugliori,
il tempo sembra migliori
perciò.
Du’ mucchi di pinugliori,
du’ notte fra du’ tigliori
che acchiappin du’ conigliori
al ghindò.
Le cose non ti scappino,
però se in due s’accoppino
la vita, più che sì, ti dice no.

Viaregginella,
in cima al molo
ci son io soltanto solo,
solo con le cose mie,
ma anche noi saremo in due
se stai con me.

Le strade con gli aranci,
la via Da Vinci, la via Manin,
autentica signora vestita ancor di Liberty.
“Entra la porta è aperta…
Buongiorno Augusta, che mi voi di’?”
“Imprestimi un ciuccino,
c’è il mi’ Sandrino che ‘un vol dormi’.”

Viareggio sei cambiata,
non ti conosco più,
venduta o barattata
sotto il tuo cielo blu;
di te non è restata,
mia piccola città,
nemmeno una facciata
di cinquant’anni fa.

Amore dietro il canto,
un bacio spinto darle non so,
so di un lampione spento
e chi l’ha spento questo lo so;
è timido l’incanto,
si fa soltanto quel che si può,
il resto verrà quando
sull’Alessandro imbarcherò…

Viareggio sei cambiata,
non ti conosco più,
venduta o barattata
sotto il tuo cielo blu;
di te non è restata,
mia piccola città,
nemmeno una facciata
di cinquant’anni fa.

I pizzi di San Gallo,
il pappagallo di zi’ Tere’,
i bamboretti in collo,
velluto giallo sul canapè.
Gli orti con le mimose
son fra le cose
che più non ritrova Bocco,
tornato vecchio da Santa Fè.

Viareggio sei cambiata,
non ti conosco più,
venduta o barattata
sotto il tuo cielo blu;
di te non è restata,
mia piccola città,
nemmeno una facciata
di cinquant’anni fa.

Dov’è Viareggio timida
di cinquant’anni fa,
col buccellato al comodo
e ’l pozzo da stasa’.
Dov’en finiti i groncioli
per fa la panzane’,
la cena co’ ballocciori
e un salacchino in tre.

I pippori, le puppore,
le toppe sul sofà,
i caldanini, i canteri,
le scarpe a trainanà;
le lendine, le caccole,
l’arcile, il canapè,
le bucchie, le cimbraccole,
la lippa e ‘l catafè.

Che fine han fatto ‘billori,
i bruglioli, ‘l ghindò,
i semelli de’ Bamboli,
le chiappe dell’Angiò.
Di bodde e di ciottellore,
di ghiande del Perù,
di pasimate e tullore
non se ne parla più.

Col triccheballacche
del tempo che muore
cantando rivado
l’antico colore.
E dal mondo che va così,
per trarmi d’impaccio,
lo sai cosa faccio?
Non dicendo che ciò che è cambiato
sia del tutto, del tutto sbagliato
io non vengo tacciato da ingrato
e beato ricordo i bei dì.

Lo zipolo, lo zenzero,
sdilezzora un po’ vì.
Leva’ le seme al coombalo,
‘un mi fa più agganghi’.
Mi s’è sturato un frignolo,
il ciuccioro dov’è?
O Gavinosa, ‘l bambolo
pistellelo un po’ te.

Le zizzole, le chiocciore,
i fagioli da sgrana’,
fra mignori e mignagnore
passò la bella età.
Caadori e calapugnori
l’asfalto cancellò,
de’ ciottorini e ‘bignori
ognuno si scordò.

Trabiccoli e ammenniori
han preso ormai la fe’.
I tangheri, i belliori
con tutto il ciriè.
Ha detto bene ‘l Meccheri:
“Dal Novecento in su
Viareggio senza caccari
‘un si conosce più”.

Col triccheballacche
del tempo che muore
cantando rivado
l’antico colore.
E dal mondo che va così,
per trarmi d’impaccio,
lo sai cosa faccio?
Non dicendo che ciò che è cambiato
sia del tutto, del tutto sbagliato
io non vengo tacciato da ingrato
e beato ricordo i bei dì.

I barbagianni, i moccoli,
mutande da sgruma’;
i gangheri, gli zoccoli,
capò da sbatacchia’.
Non più a sede’ su’ sogliori
da molti lustri in qua;
baldorie co’ pinugliori,
sacconi da rifa’.

Va’ dal barbiere e tositi,
spidocchiti, miè;
piglia ‘l bruschino e sgrumiti,
più leti non ce n’è.
‘Un ti lisa’ più ‘gomiti
goiate non ce n’ho.
‘Un t’ingubbia’, po’ vomiti,
cristeri ‘un te ne fo.

Oggi ho ingollato un noccioro,
a letto devo sta’;
mi s’è ‘mpiombato ‘l coccioro,
ho voglia di aonca’.
Va’ al Monte Pegni e spignora
la giacchettina blu;
risciacquiti la gnagnora,
che non ne posso più!

Col triccheballacche
del tempo che muore
cantando rivado
l’antico colore.
E dal mondo che va così,
per trarmi d’impaccio,
lo sai cosa faccio?
Non dicendo che ciò che è cambiato
sia del tutto, del tutto sbagliato
io non vengo tacciato da ingrato
e beato ricordo i bei dì.

Col triccheballacche, col trullerallera…
Col triccheballacche, col trulleralà-là-là-là-là

Picciolo, necci, tullore, mondine
Ci si ‘ngaina al secolo che ha fine

“Torre Pisana le dodici fa”

Anche se l’Ottocento se ne va
Si tiene sempre la pezzola in testa
‘Un c’erano né cambiali né pensieri
Si cantino romanze come questa:

“Vorrei baciare quei tuoi grifi neri”

Per ave’ un molo meno sgangherato
Inviino a fassi esperti i viareggini
E a forza di ventini
Portino Carovigno deputato

“Son contento di mori’, ti ho ormeggiato al seno
Canta e sembri una ciambrana del Varignano”

La nonna ven su a occhiate in carrozzella
Va la stellina fino a Camaiore

“Pietro Larini compra una paransella,
Viani va a Parigi per fa’ il pittore”

“No, la chiodalina no, ‘un la vo’ porta’
Sarà di moda o cosa
Ma innansi la magnosa vai a compra’”

Tramme a cavalli, ma Giacomo Puccini irresistibile
In guanti gialli, sbùa dal ponte girante in automobile

“Partino i bastimenti, van via con lumi accesi
Cantino a bordo e son tutti lucchesi”

Strinetti fa la guardia alla tenuta, nasce a Rannata, sposa la Maccioni
Parte Pulenta, arrivino Borboni e i funari s’accampino in pineta

“Tripoli dice il Dallori
C’en troppi mori che c’andamo a fa’”

Il Conte di Torino, coi baffi a sprocco e col costume giallo
In attesa che inventino il patino, fa il bagno col cavallo
Dietro il comune ammattino le stanze
Ci va le patacchine, le veniglie, le nelli, le filiè, le decurtanse
scollate fino a qui e con le spardiglie
Mentre il Morandi se la gode in mondo
A Serajevo ammazzin Ferdinando

Dato ‘he ci vado anch’io, dice il Pattana
Se la sbrigamo in una settimana
Il tempo passa, ‘un c’è da schiava’ i denti
Ma qui ci vuole quattrocentoventi

“Le donnette alle finestre
‘Un si sentino più sole
È finita anche a Viareggio se Dio vole
‘Un c’è più da tribola’”

“Oh, com’è bello fino al casello
Vede’ Viareggio in pace
Beppe Nicola si ri-consola
Pinanni beve e tace”

Drammi al Nereo, Principino, bagnanti
C’enno già le rotonde, i camerini, studia il Pelliccia
Recita il Morganti la prima volta, timido, al Pacini

“Si va alla vietta a fa’ una girata
Di là c’è la Betta, rimane impregnata”

“In un’alba di gennaio piglia a fuoco il Fiorentina
La figliola di Ciattina fa la cresima in landò”

“La Crucinischi si sposa a Riccione
A’ telegrammi c’è Beppe Rondoni
Quanti padroni si fanno dal Bava
Vino di Niccolo e l’acqua di Stiava
Il Luporini si impiega a Milano
Il Del Beccaro mi chiede una mano
Son di gran moda per tutti l’acciacchi
Il dottor Fili, il dottor Giacchi”

I primi carri con la banda a bordo, le prime teglie dei castagnacciari
Il tram che va da solo sui binari, le Bemi han la pelliccia di Leopardo

“Abat jour…
Il cantino non s’usa più”

Usa la pisalanca, la merenda, i nomicchiori come Gatto Rosso
La Bozzana attraversa a nuoto il fosso, ma un bel giorno si volta la faccenda
Io ‘un c’ero…

“Addio mia bella Viareggio
Ripete il cuore d’ogni calafato
Sarà quel che sarà ma non te la piglia’
Perché tanto non potrà durar”

Canta il Mazzone, il pubblico l’affetta
Altro che Armani, datti all’operetta!

“Lesso, capellini e biete cotte più che questo non sai fa’
Va il trasandato con l’incerato le prime anguille a pesca’”

Il Pea, Egistino, Mentore e il Giorgetti
Fanno crepa’ d’invidia ai giovanotti

“Cosa ci importa se il mondo ci ha reso fatal?
Se su ogni cuor diamo fondo dal molo al Cinqual
Questa vita cos’è se ni devi più belli?
Fra i capannelli al moletto, al fortino, al poggion
Noi come il fumo passiamo, ridendo così”

“E a Tere’ ni gonfia il ciriè
Poverina, poverina”

Si inaugura il mercato del Piazzone, sorte il libeccio, more Bocerino
Fa l’ultime barchette Pistolino e al tiro a volo ‘un piglino un piccione

“Sarà il D’Arliano, mah
Sarà il Pardini, mah
Ed allora chi sarà?
Chi lo sa chi vincerà?”

Il turista entusiasta è un po’ smarrito
Guarda, sorride e dice divertito:

“Chi siete io non lo so
Chi siete io non lo so
So che quei mascheroni
La giovinezza mi ridanno in cor”

Rimel si tuffa nelle rime ermetiche
Passino sciami le peripatetiche

“Colle culotte va la Gina a fa l’intrugli
E nell’oscurità la lascia fra i cespugli”

Mentre Lullà raziona la farina
Sbuca Rizieri e canta “Grandinina”:

“Biagio adagio
Lo so che c’è San Biagio
Oh, Biagio ‘un m’incita’
Tanto ‘un ci voglio anda’
Si va, ma non si dice
Si va, poi si ri-va
Nessuno ne è felice, lo si sa
Però si va, si va, si va
Con te, Lili e Marlè”

Si passa il catafè
Partino gli sfollati per Vado e Camaiore
Ma nel rientra’ rimanghino agganghiti
Guardin Viareggio e ni si schianta il cuore:

“O Santissima Annunziata
‘Un ti c’han lasciato un muro
Sembri un pino senza ragia
Quelle bombe su via Regia
Che ce l’han tirate a fa’?”

“È nata una morina, che guai!
Ma è sempre viareggina
È un bamboretto in più”

Picciù ri-crede e spera
Anche se tutto al mondo è una chimera

“Quando il vento soffierà
Avrai felicità
Da un aquilone rosa”

Finisci le palline e le buette
Il Dei Ranieri è triste veramente
Perché le belle donne e le lambrette
Povero Semme, ormai ‘un ni dan più niente

“Son tutte al sol le foglie morte
l’autunno aimè, le inarridì”

Ma sotto la carezza del maestrale qualcosa resta di sentimentale

“Sentimental, stracchin sempre i nicchioni
Sentimental, non s’arrende Zinoni”

Sentimental è Gino, che lontano per respirare torna da Milano

“Teniamoci così Viareggio e cuore
Se torno è sol per te, te lo vo’ di’
E appena n’è passato il raffreddore
Ti va in pineta a fa’ pinacci e more”

L’uranio, il laser, il cinema a colori
La lavatrice, il flipper, la seicento
Supermercati, tutti produttori!
E a fa’ palanche coi bagnanti è un vento
Ma l’uomo ‘un ha più core alla poesia
Meglio i conti correnti e i quadrifogli
Anche Gioè, perciò, si dà la via
Sbandona timbri e vende portafogli
Esce dei Beatles l’ultimo successo
Lo sport acquista un’altra dimensione
Nuove filosofie danno l’accesso a nuovi impegni
E alla contestazione!
Un po’ scontrosa, un po’ alla chetichella
Dopo aver morso per sett’anni il freno
Attacco un manifesto e ci risemo!
La canzonetta torna in passerella

“Stasera champagne insieme beviam
Ai nostri antichi amor parpampampam
Ai nostri nuovi amor parpampampam
Al tempo che fu e a quello che va
Brindiamo insieme questa sera
Con un bicchiere di champagne

Stasera champagne insieme beviamo
Ai nostri antichi amor parpampampam
Ai vostri nuovi amor parpampampam
Al tempo che fu e a quello che va
Brindiamo insieme questa sera
Con un bicchiere di champagne”

Giovane bitte in protesta sociale per abolizione lavoro e schiavitù paterna.
Volemo piena libertà sessuale e palpeggiamenti reciproci per immediata conoscenza fra popoli.
E mi presento: Della Lena Marsicoro, soprannominato il Giaguaro felino di Porta Giannotti;
capello in trasando acciottorato in sul vomero, ovverosia a spalla di maschio;
brae di fustagno inglese aderenti al cavallo delle chiappe, avvitate in su la via dei calcagni;
scarpa a stivale con tacco di ricrescita, blouson di vacchetta;
fagotto, indumenti di riambio vali camicia Garibaldi,
giubba sordato ameriano de’ tempi della guerra, cannon con le palle;
passo ferpato, andatura dinoccolosa, occhio lucinogeno e aspetto selvaggio.
Ghitaron in teglia cecina, oppure dicasi farinata di ceci,
corde a budella di miccio per suoni prolungati e tremolosi,
biscari di ristringimento d’avorio liofante, pennin in tartaruga per motivi elettronici.
Tracolla di filza agliosa di oltre al maleficio di peste e di ‘orna che ci rimuove il Matusan comprensivo.

Dopo definitivo addio a’ congiunti ristretti e un bacio alla vacca,
femmo il primo raduno bitte nella stalla del drogato di Pian di ‘Onca;
declamommo poesie idilliache vali la”Cavalina stornora” e “Piove in su Camaiore”.
A fin di recita, tramite cucchiaio di legno ci rimpinsommo
d’un afrodesiaco ‘ndiano allungato con la farina di neccio.
Mi sentie di drento un rimescolio quasi come di purga cristere
e andiedi di stianto in un sogno eròtio come se le ‘ose fussero di ciccia:
vedevo donne vestite da pompieri, anguille ceeole co’ l’occhiali
e un certo Don Fedrigo con ali uccello paradiso sotto l’ascelle
e una rappa d’oliva al posto della ‘oda,
che volava nude e bruo sulle Apuane ‘n cerca di nido per covata a uva di pasto.

Studiommo canzoni adeguate al pentimento del mondo quali
“Mamma mormora alla piccina”, “Miniera” e “Violino zigano”,
e femmo la equipe titolata “Biodoli dell’Ozzeri”:
io al guitarrón, il Caon di Lammari al pianin con la rota e il Gringo di San Concordio al tamburo.
Inviommo richiesta per elemento femminile alla Tigre di Cremona e alla Pantera di Goro.
Dato deciso rifiuto, ripiegommo in su la pottaiona di Valpromaro,
voce di pasta con nota d’acuto che andava fuori dal foglio musiale.
“Mein viten! Cicercrauten!”

Dato il successo ottenuto al Festivale di ‘Orsànio, su pressante invito
andemmo alla Bussola del Benardino per serata aggallata.
Pieno stivito come quando aprittero la ‘operativa Standarde di Serromigno Monte:
valzeri, porche, balli sorfi a rifinire.
Ci pareva Maggiano il giorno di sabato quando i matti ‘un voglino fa’ il bagno, Iolai!
Fosse per l’emozione suscitata dal sonno nostalgico,
ma quando la pottaiona di Valpromaro intoniede “Lucca fra cento”
la gente andiede in travaglio d’estasi e pagò perfino il bicarbonato senza nemmeno da’ un fiato.

Stanco della protesta arrabbiata, son passato al sentimento mite de’ figli de’ fiori
quali papaveri, bocche di lupo e altre semenze tardive.
Per via delle distensione venni in veste d’araldo per rida’ pace fra Lucca e Viareggio.
Ecco il motto:
“Ripartire ogni ‘osa in egual giustizia e questi sono i patti.
Municipio cumulativo, da erigersi in zona confinaria periferia Montramito,
sindaco di princìpi neutrali, il veterinario d’Agliana,
assessorato maneggio palanche, dazio e consumo tutto a’ Lucchesi.
A’ viareggini i posti di ‘omando, quali nettezza urbana,
servizi accalappiacani e capitan de’ Vigili grascini.
Corso di ‘ari e maschere in su le mura e in Passeggiata Margherita il cimitero generale,
ma col preciso impegno che i morti han da esse’ sotterati ritti per risparmia’ posti.
Donne di pineta, d’amore alla svelta, metà per uno e con l’obbligo di tassametro.
E data palese vicinanza al fluvio marino, spianamento del Quiesa
e riempitura della piana che ne risulta con la rena di piaggia.
Viareggio dev’esse cancellato dal carton geografico
e richiamassi col nome che di giustizia si merita, verosia Lido di Lucca.
Mondo birbo!”

“O scaàrito!”

M’han detto scaàrito! Lo sapevo che non c’era da fidarsi, marittimi fottuti.
Pur di mantene’ guerra ‘un ve ne va bene una!
Noaltri saremo velli de’ coriandoli fatti in casa,
ma volatri lo san tutti che succhiate confetti da sposa solo nel bianco caramelloso
e po’ costringete anco i bambori a risputa’ la mandola per mettella nel croccante.
M’han detto scaàrito! Oh pa’, riscaldimi ve la mezz’aringa che lasciai nel piatto il giorno dell’abbandono,
il Giaguaro felino di Porta Giannotti, battezzato Marsicolo in Santa Croce, ritorna fra le tu’ braccia.
Mondo birbo!

Link utili

  • La tabella con tutte le canzoni del Carnevale di Viareggio la puoi trovare a questo link.
  • L’albo d’oro delle canzoni del Carnevale di Viareggio è riportato in questa pagina.
  • I testi dei Festival di Burlamacco li potete trovare in questa pagina.