Riuscire a raccontare la storia del Carnevale di Viareggio non è impresa di poco conto: non solo perché il baccanale viareggino affonda le sue radici nella seconda metà del 1800, quando l’Italia festeggiava l’avvenuta unità nazionale, ma anche perché la festa ha cambiato volto più volte nel corso della sua lunga storia.
Le origini. Il Carnevale di Viareggio vede la luce nel 1873: in quegli anni i veglioni si consumavano negli sfarzosi locali del Teatro Pacini e del Regio Casinò, e si trattava di feste d’élite. I giovani facoltosi che vi prendevano parte erano totalmente estranei all’anima che da sempre ha contraddistinto Viareggio dalle altre vicine città toscane, dove pullulavano famiglie opulente con il passatempo del gioco d’azzardo e dei salotti buoni. Viareggio invece era la città dei marinai, dei maestri dell’ascia e dei calafati, delle sabbie e delle torbiere, del porto.
I pochi fortunati che potevano permettersi di prender parte a quelle feste erano gli abituali frequentatori dell’ippodromo che sorgeva nell’attuale zona di Piazza D’Azeglio, erano gli unici che potevano passeggiare per le strade della città a bordo di eleganti carrozze. Proprio le diligenze della Viareggio bene e dei rampolli delle danarose famiglie di Lucca e Firenze furono i precursori degli attuali carri in cartapesta: il primo Carnevale viareggino è infatti una sfilata di carrozze ricoperte di fiori, che si svolge lungo la Via Regia, la prima strada della città alla quale ha dato anche il nome. In realtà è dall’anno successivo che il Carnevale diventa una specie di istituzione, con tanto di richieste e permessi al Comune e i primi segnali di uno spirito scanzonato e aperto allo scherzo ma franco e sincero.
17 febbraio 1874. Una data che è entrata di prepotenza negli archivi della città di Viareggio: è il giorno del primo Carnevale “ufficiale”, dato che la neonata Società del Carnevale chiede l’autorizzazione del sindaco per poter bruciare, in Piazza Vittorio Emanuele, una statua di Re Carnevale ripiena di polvere pirica. È un Martedì Grasso, e a Viareggio si svolge una sfilata di maschere, tra le quali registra un gran successo quella sull’agente delle tasse Alfonso Piatti, che sarà il primo, storico episodio di satira politica del Carnevale di Viareggio.
A partire dal 1883 a Viareggio inizia l’era dei carri allegorici, che sostituiscono le carrozze fiorite: non c’è ancora la cartapesta, ma le costruzioni (di dimensioni ridotte) sono opera dei maestri dell’ascia, dei calafati, degli artigiani e sono fatte di ferro e legno. È comunque un forte segnale di controtendenza: se prima il Carnevale era uscito dagli eleganti caffè frequentati dall’alta borghesia cittadina, adesso la festa inizia ad essere quella fatta dai viareggini e per i viareggini. Da fenomeno d’élite, il baccanale diventa un fenomeno di massa.
Per la cronaca, il primo carro allegorico di cui si ha attestata l’esistenza è “I quattro mori” del 1883, un chiaro riferimento allo storico monumento che simboleggia la città di Livorno. Successivamente, nel 1901, la sfilata si sposta dalla Via Regia al Lungomare.
1921: il Carnevale ha una sua canzone e una sua rivista. Dopo cinque anni di interruzione, dovuti allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, nel 1921 riprendono le sfilate sul Lungomare. Indescrivibile la grande voglia dei viareggini di ricominciare a festeggiare e di recuperare in fretta il tempo perduto.
Il 1921 è una data cruciale nella storia del Carnevale per vari motivi. La prima è che Viareggio ha un suo inno ufficiale: si chiama “Il Carnevale a Viareggio”, meglio noto come “Su la coppa di champagne”, come recita il primo verso della seconda strofa. Inizialmente fu chiesto al grande maestro Giacomo Puccini di comporre l’inno della festa, ma il celebre compositore suggerì di rivolgersi ad un tal Icilio Sadun. Che, ricevuto il testo di una poesia di Lelio Maffei, diede vita al motivo che tutti i viareggini ormai conoscono a menadito.
Una seconda ragione per cui il 1921 entra di diritto negli annali di questa manifestazione è la nascita della rivista ufficiale “Viareggio in maschera”, ma non vanno dimenticate l’introduzione delle orchestre sui carri e l’istituzione di un gala di ballo notturno al Piazzone. Gli anni ’20 si segnalano anche per altri eventi storici: l’introduzione della cartapesta quale materiale di costruzione dei carri allegorici e la nascita (1926) del manifesto ufficiale del Carnevale viareggino, il cui primo esemplare è un pierrot che danza su una chitarra firmato dal fiorentino Lucio Venna.
1931: nasce Burlamacco. A Viareggio il Carnevale inizia a diventare una cosa seria. E, come tutte le altre città in cui ha luogo una festa, persino il piccolo borgo di marinai e di calafati vuole una sua maschera. L’arduo compito viene affidato a Uberto Bonetti, pittore futurista. Che si ispira alle altre maschere d’Italia per dare vita al simbolo della festa viareggina: un cappello rosso acceso preso a prestito da Rugantino, il lungo mantello nero di Balanzone, il costume a scacchi bianchi e rossi ispirato ad Arlecchino, la gorgiera di Capitan Spaventa e il pon-pon bianco del Pierrot. Al buffo pagliaccio viene dato il nome di Burlamacco, che nasce dall’unione tra il canale della città, il Burlamacca, ed il personaggio boccaccesco di Buffalmacco. Grazie a Bonetti, anche Viareggio ha la sua maschera.
1946: “Risorgi ancor più bella viareggina”. In Italia si torna a vivere dopo l’esperienza del ventennio fascista e le brutalità della Seconda Guerra Mondiale. Anche a Viareggio c’è voglia di ritornare a sorridere, pur in mezzo a mille difficoltà: leggendarie le realizzazioni dei carri effettuate sotto le logge del Mercato e in altri angoli della città per sopperire alla distruzione di tutte le attrezzature utilizzate negli anni precedenti.
Il 1946 è l’anno della seconda rinascita del Carnevale. Una rinascita nel segno di due maestri della cartapesta, Antonio D’Arliano e Alfredo Pardini, capaci di dare vita a infiniti duelli per la conquista del primo posto nel concorso tra i carri carnevaleschi e di spaccare in due fazioni i viareggini. I due abili carristi arrivano ex aequo al primo posto, rispettivamente con “Serenata al chiaro di luna” e “Bando alla tristezza, evviva l’allegria”. La irrefrenabile voglia di riscatto dell’intera città traspare anche dall’incipit della canzone ufficiale: “Risorgi ancor più bella viareggina, di gioia e amore il tempo si avvicina…”.
Due anni dopo vede la luce un altro importante evento – satellite del Carnevale, destinato a crescere con il passare degli anni: è la Coppa Carnevale, inizialmente nato come trofeo calcistico cittadino (vinto per la cronaca dal Bar Lencioni) e successivamente diventato il più importante torneo internazionale di calcio giovanile, al quale prendono parte le squadre “Primavera” dei più prestigiosi club di calcio italiani e mondiali e da dove sono passati i più affermati calciatori italiani ed internazionali.
Gli anni ‘50. Gli anni ’50 sono portatori di altre grandi novità per la festa dei viareggini: nel 1953 i buoi che trainavano i carri finiscono in soffitta, per fare spazio ai ben più moderni trattori. Nel 1954 la neonata Rai, la tv di Stato, festeggia la sua prima diretta esterna proprio al corso mascherato del Carnevale di Viareggio: sotto la regia di Giovanni Coccorese e il commento di un meravigliato Bruno Ambrosi, Burlamacco e la sua festa entrano nelle case degli italiani.
Il 1954 è l’anno di un altro evento destinato a fare la storia del Carnevale: sui viali a mare fa la sua prima comparsa quella sconfinata massa di musicisti in divisa da marinai capeggiati dalla bionda majorette Maria Grazia Billi. La “Libecciata”, banda ufficiale del baccanale viareggino, festeggia la sua nascita.
L’incendio del 29 giugno 1960. In una calda notte del giugno 1960, il sonno di Viareggio viene bruscamente interrotto da una notizia tristissima: un incendio ha divorato in pochi minuti il complesso degli hangar di via Machiavelli, la fabbrica del Carnevale. Delle vecchie strutture in legno con il tetto in eternit non rimangono che le ceneri. Inutile il massiccio lavoro da parte dei vigili del fuoco: l’edizione 1961 del Carnevale rischia di saltare. Ma ancora una volta Viareggio rialza prontamente la testa, e a tempo di record vengono costruiti nuovi hangar, più grandi, nel quartiere Marco Polo sulla via Aurelia, nel tratto che costeggia la ferrovia. L’anno successivo i viali a mare sono regolarmente invasi dalle costruzioni in cartapesta.
Nel 1962 ha poi inizio la lunga cavalcata vincente di Arnaldo Galli, il più decorato dei carristi viareggini: arriverà a vincere la bellezza di venti primi premi, nessuno riuscirà a fare meglio.
Nel 1967 sarà invece la volta di un’altra novità: per la prima volta il Carnevale viareggino offre la sua spettacolare sfilata di carri anche in notturna, in occasione del Martedì Grasso, il corso di chiusura. Che vede nei fuochi d’artificio il suo epilogo, proprio immediatamente dopo il verdetto dei carri e delle mascherate. Un esperimento perfettamente riuscito, che da novità diventa una consuetudine con il passare degli anni.
1973: cento anni di Carnevale. Il 1973 è l’anno più atteso da tutti i viareggini: il Carnevale festeggia il secolo di vita. Un evento unico, per il quale il mago Arnaldo Galli impegna tutte le sue forze per deliziare ancora una volta la platea dei viali a mare. È proprio in occasione dei cento anni che Galli presenta quello che passerà alla storia come ‘il carro del secolo’: “Guerra e pace”, ma per tutti i viareggini è meglio noto come “La bomba”. Una costruzione decisamente spettacolare e innovativa: al centro del carro un obice che improvvisamente si apre e fa uscire cinque cerchi, simbolo delle Olimpiadi, al cui interno roteavano altrettanti pagliacci. Ma si trattava di una costruzione fuori concorso: il primo premio dell’edizione numero 100 andò ad un altro superbo interprete dell’arte della cartapesta, il carrista poeta Sergio Baroni, che sbaragliò tutta la concorrenza con la sua nave tappezzata di maschere di “Viareggio in vista”.
Negli anni ’70, inoltre, vedono la luce anche le feste rionali, ovvero coinvolgenti feste in maschera in notturna che toccano i vari quartieri della città. Spetta alla Darsena dare il via ad una tradizione che negli anni coinvolgerà anche altre zone di Viareggio: attualmente si svolgono i rioni anche al Marco Polo, a Torre del Lago e lungo Corso Garibaldi, meglio noto come il “Rione Croce Verde”.
Sul finire del decennio, si registra un esperimento destinato a breve vita: il Carnevale gratis. Per alcuni anni, infatti (1976, 77 e 78), vengono tolti i cancelli agli ingressi dei corsi e così per accedere alle sfilate i viareggini non devono mettere mano al portafogli. Ma già dal 1979, a causa anche di un bilancio tutt’altro che roseo, il Carnevale è nuovamente “ingabbiato”. Ma gli anni ’70 passeranno alla storia anche come quelli delle censure della Rai ai carri ritenuti politicamente scomodi e dell’inchiesta milanese che definì Viareggio la capitale dei vizi e del sesso facile.
1984: la Lotteria arriva a Viareggio. È sicuramente l’evento clou degli anni ’80: anche Viareggio ha una sua lotteria, la Lotteria del Carnevale, che funge da ulteriore serbatoio di liquidi alle casse di Burlamacco. A ciascun carro di prima categoria sarà abbinato un biglietto della Lotteria: da questo momento in poi, dunque, tutti gli italiani avranno un interesse maggiore a dare uno sguardo al verdetto delle classifiche del Carnevale.
Il 1988 è invece l’anno di un simpatico esperimento, destinato però a morire: il Treno delle Maschere, ovvero un convoglio di circa 400 figuranti mascherati che parte da Bruxelles, sede della Federazione dei Carnevali d’Europa, per poi arrivare a Viareggio passando un po’ da tutta l’Europa. Nello stesso anno, il Carnevale ha anche i suoi primi vincitori stranieri: si tratta della coppia francese Gilbert Lebigre-Corinne Roger, primi classificati con “Madonna Ciccone, un successo da leone”, dedicato alla popolare cantante USA di origini italiane.
1990: il Carnevale di Viareggio a Italia ’90. Venticinque fiori di cartapesta depositati sul manto erboso di San Siro che, ad un certo punto, si aprono simultaneamente lasciando volare in cielo una miriade di palloncini. I carristi viareggini sono stati incaricati di occuparsi della cerimonia d’inaugurazione dei Mondiali di Calcio italiani del 1990. E non deludono affatto gli organizzatori, pubblicizzando nel migliore dei modi il Carnevale agli occhi di milioni di telespettatori.
Quella del Mondiale made in Italy è però solo l’ultima tappa di un lungo percorso che ha portato i maghi della cartapesta a svolgere lavori di ogni genere, commissionati da tutto il mondo: Alfredo Morescalchi realizza mascheroni che finiscono al Carnevale di Detroit; il grande regista Federico Fellini contatta Silvano Avanzini ed Arnaldo Galli per la costruzione di una gigantesca polena per il suo “Casanova” e di un’Anita Ekberg grandi misure per una scena di “Boccaccio ‘70”; Arnaldo Galli realizzerà alcuni mascheroni anche per il film con Alberto Sordi “I vitelloni”, sempre diretto da Fellini. Ma non si possono dimenticare l’iguana gigante di Beppe Domenici per la Filmar, il cuore del duo Francesconi-Barsella per una mostra a Torino e innumerevoli altri.
Il 1990 è anche l’anno di uno dei carri più belli che abbiano mai attraversato i viali a mare: “Non si può fermare il tempo” di Arnaldo Galli. Un gigantesco cigno tenta disperatamente di uscire da una coltre di fango, sul retro una gigantesca mano tiene stretto un grande orologio. Un quadro reso ancor più spettacolare dalla struggente musica di “Time” dei Pink Floyd. Indimenticabile però è anche l’episodio della ‘cena delle beffe’: è quella che va in scena al ristorante “Le sposine” (peraltro inesistente) in via Coppino a Viareggio, dove una delegazione di Bastia è vittima di un simpatico scherzo di alcuni professori viareggini, che si improvvisano cuochi e camerieri di una cena da film comico e realizzata in pieno spirito carnevalesco.
1992: il Carnevale tra Europa e tensione. Burlamacco apre le porte alla neonata Comunità Europea: ad essa sono dedicate molte costruzioni e mascherate di gruppo, tra cui il carro primo classificato, “Attenti al lupo” di Carlo ed Enrico Vannucci, con il primo che torna ad assaporare la gioia del trionfo dopo 39 anni di digiuno.
È anche l’anno delle grandi polemiche: l’edizione 1992 inizia con la notizia che non ci saranno i rioni, causa rinuncia da parte dell’Assorioni per motivi economici e per una diatriba con la Fondazione Carnevale. Successivamente è la volta dei verdetti: nel corso di chiusura scoppia una rissa di fronte al carro di Alessandro e Silvano Avanzini, terzo classificato, che blocca la carovana delle costruzioni in Piazza Mazzini dopo la fuga di notizie sul verdetto della prima categoria. Desta sorpresa anche il verdetto dei carri di seconda categoria: tutte le sei costruzioni sono ritenute non giudicabili e, pertanto, vengono relegate ex aequo in ultima posizione. Inizia qui un lungo braccio di ferro tra i carristi e la Fondazione Carnevale, culminato con l’occupazione della sede della Fondazione e di un sit-in in Passeggiata da parte dei carristi, che si concluderà solo qualche mese dopo con il cambio al vertice della Fondazione.
Nel frattempo, riscuote successo tra luglio ed agosto il “Villaggio del Carnevale” allestito agli hangar del Marco Polo.
1996: Carnevale ai bagni. All’indomani di un’edizione 1996 non troppo entusiasmante, si fa sempre più strada l’idea di organizzare, per la prima volta, una sfilata dei carri all’inizio dell’estate, magari in collaborazione con il Pucciniano o la Versiliana. Un’idea che diventa realtà: per tre serate (9-10-11 agosto) la Nuova Darsena, nei pressi del faro bianco, sarà scenario del Carnevale Estivo, con i carri in fila l’uno accanto all’altro e con gli spettatori che vi gireranno attorno. Lo storico trasferimento dei carri dagli hangar del Marco Polo alla Nuova Darsena è un lungo pellegrinaggio che attraversa tutta la città nel cuore della notte, nel quale non mancheranno diverse situazioni grottesche. Al termine di una serie infinita di peripezie e dopo 12 ore l’intera carovana fa il suo ingresso alla Darsena.
Le prime due serate fanno ben sperare, specie la seconda: i viareggini ballano davanti ai carri fino alle 4 del mattino e la piazza è gremita. Ma, alla vigilia dell’ultima serata, un violento acquazzone si abbatte su Viareggio e la Versilia: le costruzioni si impregnano di acqua e si rovinano in un battibaleno. La serata di chiusura, quella del gran finale, salta. E quello che doveva essere l’evento dell’anno si trasforma in un fiasco colossale.
La Cittadella del Carnevale. Da anni era sulla bocca di tutti i viareggini. Sarebbe diventata la nuova casa di Burlamacco e delle altre maschere. E così è stato. Nel 1999 c’è la posa della prima pietra, il 16 settembre 2001 è invece la data ufficiale dell’inaugurazione della nuova, mastodontica struttura. Il 26 settembre un’altra pagina della lunga storia del Carnevale viene scritta: i carri abbandonano, per non farvi più ritorno, gli hangar di via Marco Polo, che si portano via con sé 41 anni di storia.
Il lungo corteo di carri, con a capo il complesso di apertura di Re Carnevale realizzato da Gionata Francesconi, raggiunge la sua nuova casa, accolto dalle musiche carnevalesche. L’immenso piazzale della Cittadella, che verrà utilizzato anche per concerti e spettacoli, viene intitolato (e non poteva essere altrimenti) a Burlamacco.
Queste le tappe fondamentali della ultracentenaria storia del Carnevale di Viareggio. Ma altre pagine nel lungo libro di Burlamacco dovranno essere ancora scritte…