La giuria per le costruzioni di prima categoria (che era incaricata anche di giudicare le maschere isolate), oltre ai giudizi sui singoli carri ha redatto una relazione generale che riportiamo di seguito.
«Nella prima riunione della giuria si è sentita la necessità di esaminare i resoconti dei lavori della commissione bozzetti e se ne è fatta richiesta alla Fondazione. Tale necessità derivava dal fatto che sin dagli anni scorsi era emersa una considerazione di merito riguardo la discontinuità di qualità dei carri, che rendeva spesso arduo elaborare una classifica. In altre parole, si rilevava che l’applicazione dei parametri cosiddetti oggettivi di giudizio, quali la composizione, l’effetto scenico, la modellazione, i colori, i rapporti tra cartapesta ed altri materiali usati nel carro, non esaurivano i campi d’indagine necessari ad emettere un verdetto complessivo. Anzi lasciavano inesplorata ed in giudicabile una vasta area a monte, cioè quella della concezione del carro, delle motivazioni, dei temi prescelti e delle interrelazioni fra le varie componenti culturali di cui il carro si fa portatore per trasmettere il suo messaggio al grande pubblico.
È emersa inoltre una seconda considerazione che riguardava la mancanza di continuità e di fedeltà al bozzetto stesso nel processo operativo che porta all’esecuzione finale. La giuria si era dunque preoccupata di conoscere più a fondo la genesi e l’evoluzione del carro, non per sovrapporre le proprie competenze a quelle di altri, ma per essere informata del processo storico della formazione dei carri in concorso. In una parola per comprendere le linee-guida e cercare di interpretare gli sviluppi, poiché non sempre il prodotto finito riusciva ad esprimere gli assunti del titolo e del tema conseguente. Infatti, fino dagli anni scorsi, l’impressione di tutti era quella di trovarsi di fronte ad una prima categoria non omogenea per motivazioni e qualità, pur tenendo conto delle forti differenze che, data la libera scelta dei temi, venivano proposte. Primeggiavano due-tre carristi con la loro precisa poetica ed il loro impegno innovativo, mentre gli altri, già dall’atto della concezione iniziale, mostravano di riferirsi, più che ad una tradizione, piuttosto ad una maniera ripetitiva di interpretare il Carnevale di Viareggio.
La giuria è consapevole di non essere l’organo preposto ad una riforma del sistema Carnevale ma non vuole esimersi tuttavia dall’interpretare un disagio diffuso ed una sensazione di mancanza di supporti propedeutici ai carristi, che sono, ricordiamolo, l’asse portante del nostro Carnevale. Tali supporti potrebbero essere organizzati dalla Fondazione stessa con un’offerta libera di accreditate consulenze nel campo delle varie culture che attraversano il modello del carnevale. Si nota, altresì che alcuni carristi si sono già dotati di collaborazioni operative nel campo della coreografia, dello spettacolo e della comunicazione con risultati positivi e evidenti.
Anche quest’anno e forse in misura ancor maggiore, assistiamo ad una profonda differenza qualitativa e a due categorie di impegno culturale e innovativo, mentre il Corso è un unicum e va percepito come una grande manifestazione corale di cui tutti i carri, tutti i complessi e le maschere sono i protagonisti. In questo quadro sembrano inoltre fortemente dissonanti e responsabili di “pause” inaccettabili, i carri rionali e quelli autogestiti, che bloccano l’armonia e la continuità della manifestazione. La giuria suggerisce un diverso coinvolgimento di questo potenziale di capacità acquisite, di esperienze e di entusiasmi.
D’altronde, con l’accentuarsi della discontinuità qualitativa, rischia di attenuarsi o di venir meno quella significativa “presa” sul pubblico, che è sempre il primo referente di una manifestazione popolare, culturalmente poliedrica e trasversale com’è la nostra. Concretamente quest’anno l’obbiettivo di far parlare di sé sembra essere stato raggiunto da parte di tre carri su nove. Il che è sinceramente poco: Avanzino, Francescani e Roger-Galli-Lebigre – gli autori dei tre carri “Avanti miei Prodi”, “Vivere” e “Si va a mori’…” – più che rappresentare l’elite del Carnevale di Viareggio sembrano far parte di una super-categoria. Agli altri rimane la speranza di non arrivare ultimi, tanto è grande il divario dai primi tre.
Quali le cause e quali i possibili rimedi? Innanzitutto conviene valutare, ricostruendo l’iter cronologico di ciascuna costruzione, quanto di questo divario sia stato già connotato a livello di bozzetti e quanto si sia invece creato nella fase della costruzione. Nel primo caso è giusto parlare di “supporti propedeutici ai carristi”, come già auspicato, nel secondo caso è giusto reintrodurre le clausole di merito, con avvicendamenti, promozioni e retrocessioni fra le diverse categorie.
Diverso e più ottimista è il giudizio sulle maschere isolate, che data la scala minore e la minor pressione sui soggetti esecutori gode di freschezza ed inventiva e rappresenta certamente una riserva e dun valore intrinseco del carnevale. La giuria consiglia di valorizzare questo vivaio e cita al merito le seguenti maschere: “Il presidente in carica”, “Marcello l’hippy”, “La vespa truccata”, “Fumare come una Turco”.»