Ciò che contraddistingue il canto popolare, nel quadro di una nazione e della sua cultura, non è il fatto artistico, né l’origine storica, ma il suo modo di concepire il mondo e la vita, in contrasto con la società ufficiale. In ciò, e solo in ciò, è da ricercare la “collettività” del canto popolare, e del popolo stesso.
Antonio Gramsci, Quaderni del carcere (Quaderno 5, paragrafo 156).
Per Gramsci, dunque, i canti popolari hanno rilievo storico e scientifico non per la loro (eventuale) “bellezza” o per la loro (eventuale) “nascita dal basso”. Ciò che conta è invece la loro connotazione, ossia il loro legame di fatto con certi strati sociali; belli o brutti che siano, e creati o invece soltanto adottati, ciò che importa è la loro rappresentatività socioculturale, e cioè il fatto che essi indicano, manifestano, rappresentano la concezione del mondo e della vita di ciò che genericamente chiamiamo popolo.
fonte: Cirese Alberto M., Gramsci e il folklore come concezione tradizionale del mondo delle classi subalterne, in“Problemi“, Palermo 1977, n.49 pp.155-167