Da: Il Tirreno, articolo di Fabrizio Brancoli
Il treno corre verso il centro della città. Le cisterne sono già incendiate, si vedono le fiamme alte. Poco più in là, davanti al convoglio, le case esplodono. Le matite di Rebecca colorano il disegno del disastro di Viareggio: il celeste e il rosa per tre angioletti, tre come i bambini innocenti straziati e uccisi dal maledetto incendio del 29 giugno; il rosso e l’arancio, che la bambina preme forti sul foglio, per il fuoco sui vagoni e tra i tetti della povera via Ponchielli.
È la strage vista dai bambini. Attoniti, atterriti, soffocati da quel treno che quando ha portato le fiamme e la morte nelle strade ha anche fatto irruzione nella loro vita. Hanno guardato la televisione; hanno ascoltato nelle loro case pianti, invettive e preghiere; hanno visto la loro Viareggio trasfigurarsi, fino a diventare un luogo di terrore.
E in tv c’era la loro città, con quelle scene che forse vedono anche dalla finestra o quando passano con il babbo e la mamma dalla zona del disastro. Questi ricordi li accompagneranno per tutta la vita. I disegni sono affissi al Giardino del Pianto, sorto spontaneamente lungo l’Aurelia, a pochi metri dalle case devastate. Tra i pini e le transenne, in mezzo alle poesie, ai pupazzi per le piccole vittime e ai fiori, ci sono anche tanti fogli colorati. Con le matite e i pennarelli, i piccoli viareggini esprimono i loro sentimenti. Nicole dipinge lacrime sul volto di una donna, o forse di una bambina come lei, e scrive «Mi dispiace per voi, siete negli ospedali tutti bruciati». La forza della verità di un bambino: ignora le sfumature e scorre verso il prossimo, pura. Cuori e stelle, tanti angeli, tante lacrime. Piange persino il sole, che nei loro disegni, di solito, sorride e guarda benevolo il mondo, come un tutore.
Ieri, per email, abbiamo inviato a un esperto le foto di alcuni dei disegni, per chiedergli alcune impressioni. È Paolo Crepet, psichiatra, scrittore e sociologo, che spesso vediamo in tv. «Un trauma emotivo come quello accaduto a Viareggio – è la sua riflessione – conduce il bambino di fronte alla realtà della morte; ed è una situazione ormai eccezionale perché la nostra società è cambiata. Oggi la gente, lo dico per paradosso, muore per vecchiaia a 150 anni; la mia generazione invece ha vissuto nell’età dell’infanzia i lutti che riguardavano i nonni. Oggi è più difficile che un bambino si confronti con la morte; e non è un vantaggio perché la fine della vita è parte della vita, e l’individuo deve elaborarla. A chi mi chiede consigli in questo senso, io dico spesso che non è un errore accompagnare i bambini a un funerale».
«Fate in modo che non succeda più», scrive ancora Rebecca. «Lo spettro delle emozioni umane – continua Crepet – contiene anche dolore totale, aggressività, reazione a un’ingiustizia. Il chiedersi perché è successo qui e non altrove, perché a noi e non ad altri. È umano, i bambini lo sentono. Il mondo emotivo ha diecimila colori, non solo i tre o quattro che noi vorremmo mostrare i nostri figli. Vogliamo controllare tutto, ma commettiamo un errore ».
Ele, senza saperlo, disegna un logo della tragedia: è un cuore nero e spezzato, con dentro un punto interrogativo rosso. «Ai bambini – spiega Crepet – noi dobbiamo spiegare tutto; anche la guerra e i “cattivi”. Il mondo non è solo Babbo Natale o la nonna che fa le crostate. Se noi non facciamo questo sforzo, loro cresceranno con poche capacità di affrontare la vita ».
«Un bacio ai bimbi volati in cielo», l’autore è piccolissimo, ha la grafia che trema. Poi Diego: disegna il perimetro di una mano, forse la sua stessa mano, tutta in rosso. E scarabocchi, e stampatello, e cura. Hamza, Lorenzo e Luca sono i tre piccoli morti: i loro coetanei di Viareggio li pensano, li vogliono far giocare. Un coniglietto per Lorenzo, una macchinina per Luca, una colomba in volo per Hamza. Guardi e senti il cuore che si lacera. Alcuni dei disegni di via Aurelia chiedono giustizia, riparazione del torto. «È un bene che ci siano partecipazione, impegno e rabbia. Ai viareggini dico: questi disegni vi aiutano a capire i vostri figli, non perdetene l’occasione.Magari pensate di avere in casa dei simpatici tontoloni, che devono essere semplicemente preservati: invece vi stanno dicendo che vogliono vivere. Vogliono affrontare il male del mondo». Un fiore rosso, il fumo nero, un grande cerchio blu, marrone e viola: Aurora calca i colori, quasi furiosamente, compulsivamente, li spinge sulla carta. «Cattivo treno merci », scrive. Scrive proprio così, con quella parola, “catti- vo”, che per un bambino è come uno schiaffo, anzi, una condanna. Cattivo, il treno, come se fosse una persona, come se fosse tutte le persone che non hanno controllato, che non hanno protetto, che hanno sottovalutato. Cattivo treno, hai fatto del male. E i bambini di Viareggio sono arrabbiati.